Il Rito

Sinodo, mons. Vari: “Ascoltare tutti senza chiudersi in mondi artificiali: ecco la sfida”

17 ottobre 2021 | 19:23
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Sinodo, mons. Vari: “Ascoltare tutti senza chiudersi in mondi artificiali: ecco la sfida”

“Sinodo significa percorrere insieme una strada. Mi auguro che questa diocesi di Gaeta aumenti con decisione il ritmo del cammino, parlando fra noi, parlando con tutti, ascoltandoci e ascoltando tutti quelli che desiderano essere ascoltati”

Gaeta – Saper ascoltare e interpretare tutto il popolo di Dio “senza rinchiudersi in un mondo artificiale dove le persone vere non ci sono”. E’ questa la sfida a cui è chiamata la Chiesa di oggi. Ne è convinto mons. Luigi Vari, arcivescovo di Gaeta, che in queste ore, come voluto da Papa Francesco, ha dato inizio al percorso del Sinodo dei Vescovi, avviato una settimana fa in Vaticano dallo stesso Pontefice (leggi qui), a livello diocesano.

Un Sinodo, come ha più volte ribadito il Santo Padre, in cui sarà di vitale importanza ascoltare non solo lo Spirito ma anche i fedeli: “La condizione di ascolto è tipica per la Chiesa, definita anche come comunità di ascoltatori. Ascoltatori significa essere aperti a ogni voce, consapevoli che Dio parla nel tempo, anche quello attuale, attraverso vite e storie concrete. Non si può dire che uno ascolta Dio se non ascolta gli altri, anzi si può dire che il modo di parlare di Dio sono gli altri. La fede degli altri, le attese degli altri, le domande, come anche la delusione, la sfiducia”, dice intervistato da ilfaroonline.it mons. Vari.

“Il modello di questo ascolto – aggiunge il presule – è Gesù che nel Vangelo continuamente sta in mezzo alle persone e risponde alle loro domande, più spesso con i fatti e meno con le parole, ma mai con parole che non abbiano niente a che fare con i fatti. Per la Chiesa questo non è nuovo, non è strano, ricordiamoci che nel tempo e anche adesso in molti luoghi è un presidio di umanità. La sfida è sempre quella di saper interpretare, accogliere le domande senza rinchiudersi in un mondo artificiale dove le persone vere non ci sono”.

“Anche l’incapacità di dialogare, la rabbia, l’invadenza dei social che sembrano spesso il contrario della riflessione, una piazza nella quale nessuno controlla le parole; anche questo è un fatto più da ascoltare che da giudicare. Sui social è stato detto tutto e si è compreso poco“, sottolinea l’arcivescovo, rispondendo anche ai dubbi di molti fedeli che si sono domandati che senso abbia questo Sinodo in questo periodo storico della Chiesa: “La domanda è legittima se si pensa alla sinodalità come a un metodo, a uno stile. La sinodalità però è la natura della Chiesa, che si definisce come popolo in cammino, come sinodo cioè. Se in questo popolo cammina solo qualcuno a nome di tutti, se ci sono tanti che non condividono meta e tappe presto i camminatori si stancano, si demotivano e al massimo si sentono protagonisti come gli spettatori del Giro d’Italia che provano a dare una spinta al loro beniamino oppure a porgere una bottiglia d’acqua”.

“La Chiesa sinodale – sottolinea – è quella che vede tutti impegnati nel cammino e tutti con la consapevolezza di essere protagonisti e di essere essenziali per raggiungere la meta che è quella dell’annuncio del Vangelo, dell’incontro con Dio. Sembra faticoso che tutti camminino insieme, poco pratico, ma questa è la Chiesa“.

In questi mesi a tutte le chiese locali è stato chiesto di tendere l’orecchio non solo ai credenti, ma anche a chi vive lontano dai precetti religiosi: “Vorrei che questo fosse un vero dialogo e non un processo o un sondaggio di opinioni. Si parla con tutti e si ascoltano tutti su ciò che unisce tutti, cioè il bene dell’Uomo”, prosegue il presule facendo sue le parole del Pontefice. E ammonendo: “Rifiuto e lontananza sono molto spesso frutto di una mancanza di conoscenza o, purtroppo, di esperienze negative. Non si può inoltre fare finta di non vedere che l’informazione sulla Chiesa è negativa, qualche senza nessun riguardo per la verità e comunque sempre superficiale. C’è una montagna di giudizi e di pregiudizi che veramente sembrano rendere difficile il dialogo. Ci sono, però anche moltissime esperienze dove il rispetto e la conoscenza, l’impegno e la cura sbriciolano tanti muri che sembrano incrollabili. Anche il fatto di non poter costringere nessuno a essere ascoltato, di non poter imporre il dialogo; anche questo interroga e chiede cambiamenti, conversioni, risposte”.

Ma questo lavoro di ascolto come si svolgerà nell’arcidiocesi di Gaeta? “Da qualche anno stiamo cercando nella nostra diocesi di stare il più possibile in mezzo alle persone con l’atteggiamento del dialogo, con la convinzione che Dio opera nel cuore di tutti e che nessuno è proprietario dello Spirito. Da questo desiderio sono nate tante iniziative che hanno permesso di collaborare con tante persone anche di orientamenti diversi come nel caso di una iniziativa che abbiamo chiamato Dabar. Oltre questo si sono moltiplicate iniziative che hanno aiutato molte persone che si sentivano ai margini per scelte fatte o subite, a sentirsi nuovamente coinvolte nella Chiesa”.

“Anche per i giovani si moltiplicano le occasioni di incontro su temi importanti come il volontariato, l’ambiente, spesso con risultati inattesi. C’è poi tutto l’universo dell’emarginazione e della povertà con iniziative volte a fare qualcosa con coloro che per diversi motivi sono in difficoltà, fare con loro prima che per loro. Mentre rispondo a questa domanda si moltiplicano gli esempi e questo è un bene perché è segno che ci siamo messi con decisione su una strada che il Sinodo della Chiesa ci conferma essere quella giusta – conclude mons. Vari -. Sinodo, infatti significa percorrere insieme una strada. Mi auguro che questa diocesi di Gaeta aumenti con decisione il ritmo del cammino, parlando fra noi, parlando con tutti, ascoltandoci e ascoltando tutti quelli che desiderano essere ascoltati”.

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