Francesco: “Perdonare e non puntare il dito: per Dio non esiste la parola ‘irrecuperabile'”

3 aprile 2022 | 10:43
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Il Papa, davanti a 20mila maltesi, mette in guardia i credenti dal tarlo dell’ipocrisia e del “puntare il dito”: “Gesù lo conosce veramente solo chi fa esperienza del suo perdono”

Dall’inviato a Malta – Misericordia e perdono. Queste devono essere le parole d’ordine della Chiesa perché “nessuno è irrecuperabile davanti agli occhi di Dio”. Lo ribadisce Papa Francesco nell’omelia pronunciata nel piazzale dei Granai a Floriana, lo stesso dove anche i suoi due predecessori, avevano celebrato messa. In 20mila sono accorsi da tutta l’isola per pregare con lui nella penultima tappa di questo Viaggio Apostolico a Malta.

Il Pontefice arriva in papamobile nello spiazzo dopo aver pregato nella grotta di San Paolo di Rabat (leggi qui) in ritardo sulla tabella di marcia. Nei 13 chilometri che separano Rabat da Floriana, è infatti situata la Cappella della Madonna della Medaglia miracolosa, dove sono conservate le spoglie san George Preca. Bergoglio fa fermare l’auto per fermarsi in preghiera per qualche istante. Poi di nuovo in auto. Le campane suonano a distesa mentre migliaia di bandierine, fazzoletti e palloncini bianchi e gialli saluto l’arrivo del Santo Padre. Il dolore al ginocchio che nelle scorse settimane gli aveva impedito di partecipare a diversi appuntamenti si fa sentire: nel saluto in papamobile resta seduto, senza però rifiutarsi di baciare e benedire i neonati che gli vengono portati. Rinuncia anche alla processione d’ingresso: Francesco entra da una porticina laterale del grande palco solo dopo che vescovi e cardinali hanno preso posto.

Il rito si svolge come da copione, tra canti e preghiere, sotto un sole offuscato da un sottile strato di nuvole. In prima fila, le più alte cariche dello stato. Assente la Presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola. Nell’omelia, il Pontefice prende spunto dal brano evangelico di questa V Domenica di Quaresima, l’adultera perdonata, per mettere in guardia credenti e preti dal “tarlo dell’ipocrisia e del puntare il dito”.

Bergoglio paragona scribi e farisei, che accusano la donna, ai cristiani che “si vantano di essere giusti, osservanti della legge di Dio, persone a posto e perbene. Non badano ai propri difetti, ma sono attentissimi a scovare quelli degli altri”. “Agli occhi della gente sembrano esperti di Dio – sottolinea -, ma proprio loro non riconoscono Gesù, anzi lo vedono come un nemico da far fuori. Per farlo, gli mettono davanti una persona, come se fosse una cosa, e denunciando pubblicamente il suo adulterio. Premono perché la donna sia lapidata, riversando contro di lei l’avversione che loro hanno per la compassione di Gesù. E fanno tutto questo sotto il manto della loro fama di uomini religiosi”.

Questi personaggi, ammonisce il Papa, “ci dicono che anche nella nostra religiosità possono insinuarsi il tarlo dell’ipocrisia e il vizio di puntare il dito. In ogni tempo, in ogni comunità. C’è sempre il pericolo di fraintendere Gesù, di averne il nome sulle labbra ma di smentirlo nei fatti. E lo si può fare anche innalzando vessilli con la croce”.

Come si può verificare se si è veri discepoli del Maestro? La risposta del Papa: “Dal nostro sguardo, da come guardiamo al prossimo e da come guardiamo a noi stessi”. Infatti, spiega, “chi crede di difendere la fede puntando il dito contro gli altri avrà pure una visione religiosa, ma non sposa lo spirito del Vangelo, perché dimentica la misericordia, che è il cuore di Dio”.

Questi accusatori di cui narra oggi il Vangelo, precisa il Papa, “sono il ritratto di quei credenti che, in ogni tempo, fanno della fede un elemento di facciata, dove ciò che risalta è l’esteriorità solenne, ma manca la povertà interiore, che è il tesoro più prezioso dell’uomo. Infatti, per Gesù quello che conta è l’apertura disponibile di chi non si sente arrivato, bensì bisognoso di salvezza”.

“Il Maestro – sottolinea Francesco – non si accontenta dell’apparenza, ma cerca la verità del cuore. E quando gli apriamo il cuore nella verità, può compiere prodigi in noi”. Dio, infatti, lascia sempre aperta una possibilità e sa trovare ogni volta vie di liberazione e di salvezza”. Il nostro è  un Dio “per il quale non esiste la parola ‘irrecuperabile’; sempre perdona e continua a credere in noi e dà ogni volta la possibilità di ricominciare. Non c’è peccato o fallimento che, portato a Lui, non possa diventare un’occasione per iniziare una vita nuova, diversa, nel segno della misericordia”.

Infine, il monito a tutti i credenti: “Il Signore Gesù lo conosce veramente chi fa esperienza del suo perdono. Chi, come la donna del Vangelo, scopre che Dio ci visita attraverso le nostre piaghe interiori. Proprio lì il Signore ama farsi presente, perché è venuto non per i sani ma per i malati (cfr Mt 9,12)”. E noi, “come Chiesa”, dobbiamo “rimetterci da capo alla scuola del Vangelo, alla scuola del Dio della speranza che sempre sorprende. Se lo imitiamo, non saremo portati a concentrarci sulla denuncia dei peccati, ma a metterci con amore alla ricerca dei peccatori. Non staremo a contare i presenti, ma andremo in cerca degli assenti. Non torneremo a puntare il dito, ma inizieremo a porci in ascolto. Non scarteremo i disprezzati, ma guarderemo come primi coloro che sono considerati ultimi. Lasciamoci stupire da Lui. Accogliamo con gioia la sua novità”.

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