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Il Papa ai giovani: “Volate alto. E’ difficile farlo in un mondo di guerre ma il futuro è nelle vostre mani”

Ai giovani Inuit il Papa lascia tre consigli per vivere e affrontare le sfide del futuro: "Camminate verso l’alto, venite alla luce ogni giorno, fate squadra! E fate tutto questo nella vostra cultura. Vi auguro, ascoltando gli anziani e attingendo alla ricchezza delle vostre tradizioni e della vostra libertà, di abbracciare il Vangelo custodito e tramandato dai vostri antenati"

Iqaluit – Canti tradizionali, balli e danze, musiche e rulli di tamburi. Nell’ultima tappa-lampo del Viaggio Apostolico in Canada, il popoli Inuit saluta e abbraccia il Papa che ha da poco concluso l’incontro con i sopravvissuti alle violenze e agli abusi commessi dai cattolici nelle scuole residenziali proprio sui nativi canadesi. A Iqaluit, a trecento chilometri dal circolo polare artico, il Pontefice abbraccia gli anziani e giovani del popolo Inuit.

Francesco, nel suo discorso, esordisce con un nuovo mea culpa: “Poco fa ho ascoltato diversi di voi, ex-alunni delle scuole residenziali (leggi qui): grazie per quanto avete avuto il coraggio di dire, condividendo grandi sofferenze. Ciò ha ridestato in me l’indignazione e la vergogna che mi accompagnano da mesi. Anche oggi, anche qui, vorrei dirvi che sono molto addolorato e desidero chiedere perdono per il male commesso da non pochi cattolici che hanno contribuito alle politiche di assimilazione culturale e di affrancamento in quel sistema educativo distorto”.

Francesco racconta le parole di un anziano, testimone di quelle atrocità: “Lui descriveva la bellezza del clima che regnava nelle famiglie indigene prima dell’avvento del sistema delle scuole residenziali. Paragonava quella stagione, in cui nonni, genitori e figli stavano armoniosamente insieme, alla primavera, quando gli uccellini cantano felici attorno alla mamma. Ma all’improvviso – diceva – il canto si è fermato: le famiglie sono state disgregate, i piccoli portati via, lontani dal loro ambiente; su tutto è calato l’inverno”.

Tali parole, sottolinea il Papa, “mentre provocano dolore, suscitano anche scandalo; ancora di più se le confrontiamo con la Parola di Dio, il quale comandò: ‘Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà’ (Es 20,12). Questa possibilità non c’è stata per tante vostre famiglie, è venuta meno quando i figli sono stati separati dai genitori e il proprio Paese è stato avvertito come pericoloso ed estraneo”.

Quanto male nello spezzare i legami tra genitori e figli, nel ferire gli affetti più cari, nel danneggiare e scandalizzare i piccoli!

Ma il Papa non è arrivato in Canada solo per chiedere perdono: Francesco, chiamando “amici” i nativi, afferma: “Siamo qui con la volontà di percorrere insieme un tragitto di guarigione e di riconciliazione che, con l’aiuto del Creatore, ci aiuti a fare luce sull’accaduto e a superare quel passato oscuro”. Bergoglio elogia poi il modo di vivere degli Inuit, che da tempo immemore hanno abitato questi luoghi dell’estremo nord: “Voi avete saputo amarli, rispettarli, custodirli e valorizzarli, tramandando di generazione in generazione valori fondamentali, quali il rispetto per gli anziani, un genuino senso di fraternità e la cura per l’ambiente. C’è una bella corrispondenza tra voi e la terra che abitate, perché anch’essa è forte e resiliente, e risponde con tanta luce al buio che per gran parte dell’anno la avvolge. Ma pure questa terra, come ogni persona e popolazione, è delicata e occorre prendersene cura”.

Prendersi cura, tramandare la cura è la missione, sottolinea il Papa, a cui sono chiamati i giovani: “Vorrei allora rivolgermi a te, giovane Inuit, futuro di questa terra e presente della sua storia”. E, facendo sue le parole di Goethe, aggiunge: “Vorrei dirti, citando un grande poeta: ‘Ciò che hai ereditato dai padri, riconquistalo se vuoi possederlo davvero”.

“Non basta vivere di rendita – aggiunge -, occorre riconquistare quanto si è ricevuto in dono. Non temere, dunque, di ascoltare e riascoltare i consigli dei più anziani, di abbracciare la tua storia per scriverne pagine nuove, di appassionarti, di prendere posizione davanti ai fatti e alle persone, di metterti in gioco!”. Poi, “come fratello anziano”, il Papa regala “tre consigli” ai giovani Inuit.

Il primo è “cammina verso l’alto. Abiti queste vaste regioni del nord. Che esse ti ricordino la tua vocazione a tendere verso l’alto, senza lasciarti trascinare in basso da chi vuol farti credere che sia meglio pensare solo a te stesso e usare il tempo che hai unicamente per il tuo svago e i tuoi interessi. Amico, non sei fatto per vivacchiare, per passare le giornate bilanciando doveri e piaceri, ma per librarti verso l’alto, verso i desideri più veri e belli che porti nel cuore, verso Dio da amare e il prossimo da servire. Non pensare che i grandi sogni della vita siano cieli irraggiungibili”.

“Sei fatto per spiccare il volo – sprona il Papa -, per abbracciare il coraggio della verità e promuovere la bellezza della
giustizia, per seminare pace e cura dove ti trovi; per accendere l’entusiasmo di chi ti vive accanto; per andare oltre, non per livellare tutto quanto”. Francesco è anche consapevole dei “pericoli” che i giovani possono incontrare, come la “gente che proverà ad azzerare i tuoi sogni, che ti dirà di accontentarti di poco, di lottare solo per quel che ti conviene. Allora ti chiederai: perché devo darmi da fare per quello in cui gli altri non credono? E ancora: come posso decollare all’interno di un mondo che sembra scendere sempre più in basso tra scandali, guerre, imbrogli, mancanza di giustizia, distruzione dell’ambiente, indifferenza nei riguardi dei più deboli, delusioni da parte di chi dovrebbe dare l’esempio?”

Qual è la risposta a queste domande? Le parole del Papa sono spiazzanti: “Vorrei dirti: tu sei la risposta. Tu, fratello, tu, sorella. Non solo perché se ti arrendi hai già perso in partenza, ma perché il futuro è nelle tue mani. Sono nelle tue mani la comunità che ti ha generato, l’ambiente in cui vivi, la speranza dei tuoi coetanei, di chi, anche senza chiedertelo, attende da te il bene originale e irripetibile che puoi immettere nella storia”.

Il mondo che abiti è la ricchezza che hai ereditato: amalo, come ti ha amato chi ti ha dato la vita e le gioie più grandi, come ti ama Dio, che per te ha creato ciò che di bello esiste e non smette di fidarsi di te nemmeno per un brevissimo istante. Egli crede nei talenti che ti ha dato. Ogni volta che lo cerchi comprenderai come la via che ti chiama a percorrere tende sempre verso l’alto.

Guardando al Crocifisso, prosegue il Papa, “capirai che Gesù dalla croce non ti punta mai il dito contro, ma ti abbraccia e ti incoraggia, perché crede in te anche quando tu hai smesso di credere in te stesso. Allora non perdere mai la speranza, lotta, metticela tutta e non te ne pentirai. Imposta il navigatore della tua esistenza verso una
meta grande, verso l’alto!”.

Il secondo consiglio è: “vieni alla luce”. “Nei momenti di tristezza e sconforto, pensa che esisti per venire alla luce ogni giorno. Non solo il giorno della tua nascita, quando non dipese da te, ma ogni giorno. Quotidianamente sei chiamato a portare nel mondo una luce nuova, quella dei tuoi occhi, del tuo sorriso, del bene che tu e solo tu puoi aggiungervi”. Per venire alla luce, però, “c’è da lottare ogni giorno con l’oscurità”. Una lotta, sottolinea il Pontefice, che avviene “dentro ciascuno di noi”. Infatti, “la via della luce domanda scelte di cuore coraggiose contro il buio delle falsità, di non inseguire scie luminose che spariscono in fretta, fuochi d’artificio che lasciano solo fumo”.

Tu, aggiunge, “sei luce del mondo e lo diventerai sempre di più, se lotti per allontanare dal cuore il triste buio del male. Per imparare a farlo, c’è da apprendere un’arte continua: è l’arte di separare ogni giorno la luce dalle tenebre”. Ma da dove si comincia? La risposta del Papa è una domanda: “Puoi iniziare chiedendoti: che cosa mi appare luccicante e seducente, ma poi mi lascia dentro un grande vuoto? Questo è tenebra! Che cosa, invece, mi fa bene e mi lascia pace nel cuore, anche se prima mi chiede di uscire da certe comodità e dominare certi istinti? Questo è luce!”.

Dentro noi, prosegue il Santo Padre, c’è una forza ancora più grande “che ci permette di separare dentro di noi la luce dalle tenebre, che ci fa dire ‘no’ alle tentazioni del male e ‘sì’ alle occasioni di bene: la libertà”. Che “non è fare tutto quello che mi pare e mi piace”. Al contrario, “è il dono più grande che il nostro Padre nei cieli ci ha dato insieme alla vita.  Ecco la felicità di Dio: non quando siamo sottomessi a Lui, ma quando viviamo da figli che scelgono di amarlo, mettendo in gioco la propria libertà. Se volete fare felice Dio, questa è la via, scegliere il bene!”.

Infine, il terzo consiglio: “fai squadra”. I giovani, prosegue il Papa, “fanno grandi cose insieme, non da soli. Perché voi giovani siete come le stelle del cielo, che qui brillano in modo stupendo: la loro bellezza nasce dall’insieme, dalle costellazioni che compongono, e che danno luce e orientamento alle notti del mondo. Anche voi, chiamati alle altezze del cielo e a splendere in terra, siete fatti per brillare insieme”.

Quindi un monito agli adulti: “Bisogna permettere ai giovani di fare gruppo, di stare in movimento: non possono passare le giornate isolati, tenuti in ostaggio da un telefono!”. Francesco ricorda e celebra i grandi successi sportivi: “I grandi ghiacci di queste terre mi fanno venire in mente lo sport nazionale del Canada, l’hockey su ghiaccio. Come riesce il Canada a conquistare tutte quelle medaglie olimpiche? Come hanno fatto Sarah Nurse o Marie-Philip Poulin a segnare tutti quei gol? L’hockey coniuga bene disciplina e creatività, tattica e fisicità; ma a fare la differenza è sempre lo spirito di squadra”.

In questa prospettiva, conclude il Papa, “dare squadra significa credere che per raggiungere grandi obiettivi non si può andare avanti da soli; occorre muoversi insieme, avere la pazienza di intessere fitte reti di passaggi. Significa pure lasciare spazio agli altri, uscire velocemente quand’è il proprio turno e fare il tifo per i compagni”.

“Amici, camminate verso l’alto, venite alla luce ogni giorno, fate squadra! E fate tutto questo nella vostra cultura, nel bellissimo linguaggio Inuktitut. Vi auguro, ascoltando gli anziani e attingendo alla ricchezza delle vostre tradizioni e della vostra libertà, di abbracciare il Vangelo custodito e tramandato dai vostri antenati e di incontrare il volto Inuk di Gesù Cristo. Io vi benedico di cuore e vi dico: qujannamiik! [grazie!]”, dice il Papa salutando e congedandosi dal Canada.

Il tempo è scaduto, l’aereo attende sulla pista: Francesco, salutato dalle autorità locali, sale a bordo del volo che lo riporterà a Roma. L’arrivo era previsto poco prima delle 8 di questa mattina ma, visto il ritardo della partenza, probabilmente slitterà di qualche minuto. Quindi il rientro in Vaticano. Durante il viaggio, la tradizionale conferenza stampa con i giornalisti che lo hanno accompagnato in questi sei giorni di trasferta oltreoceano.

(Il Faro online) Foto © Vatican Media – Clicca qui per leggere tutte le notizie di Papa & Vaticano
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