Il Papa proclama due nuovi Santi e bacchetta i fedeli: “Basta dividerci in base ai meriti”

9 ottobre 2022 | 12:11
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Il Papa proclama due nuovi Santi e bacchetta i fedeli: “Basta dividerci in base ai meriti”

Il Papa eleva agli onori degli altari Giovanni Battista Scalabrini e Artemide Zatti. Poi striglia i fedeli: “Ho paura quando vedo comunità cristiane che dividono il mondo in santi e peccatori: così si finisce per sentirsi migliori degli altri e tenere fuori tanti che Dio vuole abbracciare. Per favore, includere sempre: nella Chiesa come nella società, ancora segnata da tante disuguaglianze ed emarginazioni”

Città del Vaticano – “Non dividere il mondo in buoni e cattivi, in santi e peccatori. Si finisce per sentirsi migliori degli altri”. In una piazza San Pietro, a tratti sferzata dal vento, riempita da 50mila fedeli, Papa Francesco eleva agli onori degli altari Giovanni Battista Scalabrini e Artemide Zatti. La Chiesa universale si arricchisce di due nuovi santi, entrambi di origine italiana. Il Pontefice, pronuncia la formula di rito di canonizzazione all’inizio della messa. In prima fila, tra i banchi riservati alle istituzioni, anche la ministra dell’Interno uscente, Luciana Lamorgese, in rappresentanza dell’Italia.

E nell’omelia, oltre a levare un grido contro l’Europa dei muri, che chiude le porte ai migranti (leggi qui), prendendo spunto dal brano evangelico odierno, che narra della guarigione di un gruppo di lebbrosi, si sofferma su due aspetti di rilievo per le comunità dei credenti di oggi: “camminare insieme e ringraziare”.

Francesco ricorda che all’epoca di Gesù la lebbra “non era soltanto una piaga fisica – che anche oggi dobbiamo impegnarci a debellare –, ma anche una ‘malattia sociale’, perché a quel tempo per timore della contaminazione i lebbrosi dovevano stare fuori dalla comunità”. Tra di loro c’è anche un samaritano che, “anche se ritenuto eretico, ‘straniero’, fa gruppo con gli altri. La malattia e la fragilità comuni fanno cadere le barriere e superare ogni esclusione”.

Il Papa la definisce “un’immagine bella anche per noi: quando siamo onesti con noi stessi, ci ricordiamo di essere tutti ammalati nel cuore, di essere tutti peccatori, tutti bisognosi della misericordia del Padre”. E striglia i fedeli: “E allora smettiamo di dividerci in base ai meriti, ai ruoli che ricopriamo o a qualche altro aspetto esteriore della vita, e cadono i muri interiori, i pregiudizi. Così, finalmente, ci riscopriamo fratelli”.

Come ci fa bene togliere le nostre armature esteriori, le nostre barriere difensive e fare un bel bagno di umiltà, ricordandoci che siamo tutti fragili dentro e bisognosi di guarigione, tutti fratelli. Ricordiamoci questo: la fede cristiana sempre ci chiede di camminare insieme agli altri, mai di essere marciatori solitari; sempre ci invita a uscire da noi stessi verso Dio e verso i fratelli, mai di chiuderci in noi stessi; sempre ci chiede di riconoscerci bisognosi di guarigione e di perdono, e di condividere le fragilità di chi ci sta vicino, senza sentirci superiori.

Il Pontefice invita a riflettere: “Verifichiamo se nella nostra vita, nelle nostre famiglie, nei luoghi dove lavoriamo e che ogni giorno frequentiamo, siamo capaci di camminare insieme agli altri, di ascoltare, di superare la tentazione di barricarci nella nostra autoreferenzialità e di pensare solo ai nostri bisogni. Se riusciamo a lavorare insieme, preti e laici, a servizio del Vangelo; se abbiamo un atteggiamento accogliente – non solo con le parole ma con gesti concreti – verso chi è lontano e verso tutti coloro che si avvicinano a noi, sentendosi inadeguati a causa dei loro travagliati percorsi di vita. Li facciamo sentire parte della comunità oppure li escludiamo?”. Poi, il monito: “Ho paura quando vedo comunità cristiane che dividono il mondo in buoni e cattivi, in santi e peccatori: così si finisce per sentirsi migliori degli altri e tenere fuori tanti che Dio vuole abbracciare. Per favore, includere sempre: nella Chiesa come nella società, ancora segnata da tante disuguaglianze ed emarginazioni”.

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Sul secondo aspetto, il ringraziare, il Papa porta come modello il samaritano, l’unico nel gruppo dei dieci lebbrosi che, vedendosi guarito, “torna indietro per lodare Dio e manifestare gratitudine a Gesù”. “Ritorna da Chi lo ha sanato – spiega Francesco -, va a conoscere Gesù da vicino, inizia una relazione con Lui. Il suo atteggiamento di gratitudine non è, allora, un semplice gesto di cortesia, ma l’inizio di un percorso di riconoscenza: egli si prostra ai piedi di Cristo, compie cioè un gesto di adorazione: riconosce che Gesù è il Signore, e che è più importante della guarigione ricevuta”.

Per il Santo Padre questa “è una grande lezione anche per noi, che beneficiamo ogni giorno dei doni di Dio, ma spesso ce ne andiamo per la nostra strada dimenticandoci di coltivare una relazione viva con Lui”. Francesco la definisce “una brutta malattia spirituale: dare tutto per scontato, anche la fede, anche il nostro rapporto con Dio, fino a diventare cristiani che non si sanno più stupire, che non sanno più dire ‘grazie’, che non si mostrano riconoscenti”.

Così, si finisce per pensare che tutto quanto riceviamo ogni giorno sia ovvio e dovuto. La gratitudine, il saper dire “grazie”, ci porta invece ad affermare la presenza di Dio-amore. E anche a riconoscere l’importanza degli altri, vincendo l’insoddisfazione e l’indifferenza che ci abbruttiscono il cuore. È fondamentale saper ringraziare.

“Per favore, non dimentichiamo questa parola-chiave: grazie! I due Santi oggi canonizzati ci ricordano l’importanza di camminare insieme e di saper ringraziare. Il vescovo Scalabrini, che fondò una Congregazione per la cura degli emigrati, affermava che nel comune camminare di coloro che emigrano non bisogna vedere solo problemi, ma anche un disegno della Provvidenza. Scalabrini guardava oltre, guardava avanti, verso un mondo e una Chiesa senza barriere, senza stranieri”, aggiunge il Papa, che sottolinea anche quanto fatto dal salesiano Artemide Zatti, “un esempio vivente di gratitudine: guarito dalla tubercolosi, dedicò tutta la vita a gratificare gli altri, a curare gli infermi con amore e tenerezza. Si racconta di averlo visto caricarsi sulle spalle il corpo morto di uno dei suoi ammalati. Pieno di gratitudine per quanto aveva ricevuto, volle dire il suo ‘grazie’ facendosi carico delle ferite degli altri”.

“Preghiamo perché questi nostri santi fratelli ci aiutino a camminare insieme, senza muri di divisione; e a coltivare questa nobiltà d’animo tanto gradita a Dio che è la gratitudine”, conclude il Pontefice che, al termine della celebrazione, dal sagrato della basilica vaticana, lancia un ulteriore appello per la pace in Ucraina (leggi qui).

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