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Il “salto di qualità” dell’agire delle mafie nel Lazio

21 ottobre 2022 | 18:03
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Il “salto di qualità” dell’agire delle mafie nel Lazio

Presentato il VI e il VII Rapporto “Mafie nel Lazio”. La ‘ndrangheta è in ascesa in tutta la regione, con affari leciti e illeciti

Roma – “Una molteplicità di forme criminali che ormai caratterizza il contesto criminale laziale rendendolo unico rispetto ad altre regioni considerate non a tradizionale presenza mafiosa. È una espansione del modello culturale-criminale delle mafie, un modello mafioso produce un inquietante effetto emulativo anche sulle altre organizzazioni criminali”.

A parlare è Gianpiero Cioffredi, presidente dell’Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio, che ha presentato questa mattina, insieme Governatore Zingaretti, presso la Camera di Commercio di Roma, il VI e il VII Rapporto “Mafie nel Lazio”. Un lungo incontro per fare il punto sul fenomeno nel territorio laziale presenti Lorenzo Tagliavanti, Presidente della Camera di Commercio di Roma, Ilaria Calò, Procuratrice Aggiunta della Direzione Distrettuale Antimafia-Roma, Colonnello Roberto Prosperi, Comandante del Gruppo Analisi e Relazioni Operative del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata della GdF, Colonnello Gianluca Valerio, Vice Comandante del ROS, Prefetto Francesco Messina, Direttore Centrale Anticrimine della Polizia di Stato.

https://www.ilfaroonline.it/2022/10/21/le-mafie-si-spartiscono-la-capitale-chi-ha-la-droga-a-roma-quello-che-vuole/493970/

Il volume presentato è il resoconto, rigoroso e documentato, delle principali inchieste giudiziarie sulle organizzazioni criminali nel Lazio relativo al periodo 2020/primo semestre 2022. Nelle indagini prese in esame in queste due edizioni del Rapporto emergono con maggiore chiarezza alcune caratteristiche sulla dinamicità delle famiglie mafiose: un’evoluzione storica del modello, un salto di qualità nell’agire delle mafie tradizionali nel Lazio che va dalla “testa di ponte”, ossia dal mero investimento in attività commerciali, alla delocalizzazione delle strutture criminali, fino alla stabilizzazione della cellula con l’importazione nel Lazio del metodo mafioso, come dimostra la scoperta della prima “locale” di ‘ndrangheta istituita all’interno della città di Roma, come propaggine della mafia calabrese.

Non c’è infatti un soggetto in posizione di forza e quindi di preminenza sugli altri, ma sullo stesso territorio convivono e interagiscono diverse organizzazioni criminali: innanzitutto gruppi che costituiscono proiezioni delle mafie tradizionali, con la ndrangheta dotata senza dubbio di maggiore potenza militare ed imprenditoriale. Insieme a queste proiezioni sullo stesso territorio coesistono, inoltre, gruppi criminali autoctoni che danno vita a vere e proprie associazioni mafiose e anche organizzazioni che, pur non rientrando nel profilo penale del 416 bis, sono egualmente pericolose perché accomunate dall’utilizzo del metodo mafioso.

Droga e usura: una federazione di mafie tiene sotto scacco il litorale romano

Da una parte le mafie tradizionali, dall’altra i gruppi romani autoctoni; ad accomunarli la ricerca di relazioni per contaminare il tessuto economico. Tali differenti realtà si trovano a interagire tra loro. Negli ultimi anni, infatti, si sono registrate delle joint venture per condurre singoli affari, ma anche spartizioni per attività e territorio con capacità di dirimere delle controversie, con soggetti di prestigio utilizzati come arbitri per trovare una soluzione. Sono elementi che fanno ipotizzare una costante contaminazione ed evoluzione tra i gruppi autoctoni e quelli che agiscono per conto delle grandi mafie italiane e anche straniere. La ‘ndrangheta gioca un ruolo determinante nelle dinamiche criminali romane, dal narcotraffico internazionale sino al reinvestimento dei capitali illeciti.

La mafia calabrese – è stato spiegato oggi – è impegnata a far sentire il proprio peso negli affari leciti e illeciti, ma al contempo a coordinare affari, tessere relazioni, smistare traffici, progettare e realizzare investimenti, dentro un tessuto economico unico nel panorama italiano. Qui, a diversi livelli e con metodi differenti a seconda dei quartieri, le cosche interagiscono con le mafie tradizionali come camorra e cosa nostra e con le consorterie autoctone con cui si impongono soprattutto nella filiera del narcotraffico, facendo pesare il proprio ruolo di player unico sul mercato internazionale.

Un sistema di penetrazione negli affari legali accentuato dalla crisi provocata dalla pandemia che ha trovato terreno fertile: le condizioni ideali per aggredire un mercato messo in difficoltà alla crisi economica post-covid e dalla crisi energetica. Una criminalità – come si sottolinea nel rapporto – fortemente radicata nel tessuto imprenditoriale. Reti di relazioni tra legale e illegale, assetti istituzionali e sistemi di governance in grado di condizionare profondamente le traiettorie dello sviluppo socio-economico di interi territori.

“Matrimonio” tra mafie tradizionali e autoctone: così i clan spadroneggiano sul litorale pontino

È in queste reti che si insinuano, strutture criminali nuove e originali, a cui gli attori che tradizionalmente definiamo “mafiosi” possono aderire senza tuttavia esserne necessariamente la componente essenziale, né quella trainante. Una zona grigia che vede protagonisti pubblici amministratori, professionisti, imprenditori: figure che in base ai dati delle indagini interagiscono sempre più spesso con gli emissari dei clan nei canali di riciclaggio e reinvestimento. Riciclaggio, traffico di droga anche internazionale, investimento di capitali illeciti, gioco d’azzardo e usura, ma anche false fatturazioni ed evasione dell’Iva sono solo alcuni degli ambiti di azione delle mafie a Roma.

La Capitale appare dunque come un laboratorio che consente di osservare sia le trasformazioni in corso nelle
mafie storiche e il loro radicamento in aree esterne a quelle di origine, sia i contesti in cui prendono corpo e si sviluppano forme criminali nuove e autoctone a partire dal sistema di gestione delle piazze di spaccio nella capitale che rappresenta un modello rodato, diffuso e conosciuto ai vari gruppi criminali che operano nelle periferie della capitale. Un modello di gestione delle piazze di spaccio che garantisce il controllo del territorio e la sicurezza degli acquirenti attraverso una rete di vedette a supporto degli spacciatori contro le incursioni delle forze di polizia. Un modello imprenditoriale-criminale che prevede la massimizzazione dell’utilizzo delle risorse per un maggior rendimento dello spaccio di droghe. Le aziende-piazze di spaccio contribuiscono in misura significativa ad un vasto e diffuso welfare, garantendo stipendi, assistenza legale ai propri dipendenti. Coinvolgendo anche insospettabili nella conservazione della droga, delle armi e del denaro necessari ad alimentare le attività dell’azienda criminale.

“Le mafie sono la negazione dei diritti. Opprimono, spargono paura, minano i legami sociali, esaltano l’abuso e il privilegio, usano le armi del ricatto e della minaccia, avvelenano la vita economica e le istituzioni civili. Lottare contro la mafia non è soltanto una stringente e doverosa esigenza morale e civile”, il commento di Nicola Zingaretti a margine della presentazione del Rapporto.

“È una necessità per tutti – ha detto – lo è, prima ancora che per la propria sicurezza, per la propria dignità e per la propria effettiva libertà. Una necessità per la società, che vuole essere libera, democratica, ordinata, solidale. Per questo motivo, la lotta alle mafie riguarda tutti. Nessuno può dire: non mi interessa. Nessuno può pensare di chiamarsene fuori. È un compito che riguarda ciascuno di noi: nell’agire quotidiano, nei comportamenti personali, nella percezione del bene comune, nell’etica pubblica che riusciamo ad esprimere. La repressione dell’illegalità da parte delle Forze di Polizia e della Magistratura è inseparabile dall’azione corale delle Istituzioni e dalla resistenza civile. Questo è stato l’orizzonte politico, giudiziario, di ordine pubblico, culturale, educativo, sociale del nostro impegno contro le mafie. Un orizzonte che deve aggredire il nesso tra povertà, disuguaglianze e mafie”, conclude.

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