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Ucraina: così Macron sfata il tabù dell’invio di truppe Nato

20 marzo 2024 | 10:30
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Ucraina: così Macron sfata il tabù dell’invio di truppe Nato

Si è preso sulle spalle la difesa dell’Ucraina, a tal punto da non escludere “l’invio di truppe francesi”. Ma deve fare i conti con la sua solitudine

Kiev, 20 marzo 2024 – Se c’è un leader europeo che si è preso sulle spalle la causa ucraina, quello è Emmanuel Macron. Fin dall’inizio del conflitto, infatti, il presidente francese ha tentato di assumere un ruolo di primo piano nella diplomazia europea (anche per il peso della Francia dell’Unione europea), avendo più di un colloquo diretto con il capo del Cremlino Vladimir Putin. Telefonate che, per dover di cronaca, sono partite ben prima del conflitto, quando il vento di guerra già soffiava. Ma tant’è, Putin ha risposto due di picche in tutte lecircostanze. E se ad un certo punto sembravano possibili spiragli di pace (come dimostrano i colloqui avvenuti a Minsk e Istanbul, nel marzo 2022), oggi di pace non c’è neanche l’ombra, e per Kiev le cose si sono messe male dopo il fallimento della controffensiva. Ed è proprio questo, almeno secondo Macron, il punto cruciale.

“Non escludo l’invio di truppe francesi”

L’inquilino dell’Eliseo nelle ultime settimane ha spaventato l’Ue e la Nato, affermando come “non sia da escludere l’invio di truppe occidentali in Ucraina(leggi qui). Poi pochi giorni dopo, intervistato a reti unificate sulla tv francese, ha rimarcato che “non è da escludere l’invio di truppe francesi” (leggi qui), pur ammettendo come in questo momento non sia necessario. Ma l’avvertimento resta chiaro, e lui stesso “si è preso la responsabilità” delle sue dichiarazioni. Abbandonando totalmente, almeno di facciata, l’approccio diplomatico che l’ha contraddistinto fin’adesso.

Il discorso fatto sin qui, però, gira su una premessa fondamentale: per Macron “non c’è più niente da discutere con Putin”. Ed è così che viene sfatato anche l’ultimo dei tabù legati alla guerra in Ucraina (il nucleare è stato già sfatato da un pezzo): l’invio di truppe Nato su suolo ucraino. Quella che sembrava essere una linea rossa da non dover mai oltrepassare, è ora diventata un’ipotesi. La peggiore, certo, ma comunque un’ipotesi sulla scrivania dell’Eliseo. In fondo è nella logica cinica e spietata della geopolitica: quando la diplomazia fallisce, è tempo delle armi. Una logica tuttavia malsana che non tiene conto del fatto che i popoli, alle prese con l’aumento della povertà, la guerra non la vogliono. 

La solitudine di Macron

Macron deve però fare i conti con la solitudine. Le cancellerie europee, infatti, hanno prontamente preso le distanze dalle sue dichiarazioni. A cominciare dalla Polonia che, strategicamente, è la più importante di tutte dato che confina con l’Ucraina. La guerra è a pochi chilometri da Varsavia e dintorni. Motivo per cui il presidente polacco Duda, ha affermato come “non c’è alcun accordo sull’invio di truppe”. I polacchi, però, non sono gli unici ad opporsi.

L’Italia “non ci sta neanche pensando” di inviare truppe in Ucraina, come detto dal ministro degli Esteri Antonio Tajani (e come confermato da Meloni in Senato, nella seduta in vista del Consiglio europeo, nelle scorse ore). La Germania, alle prese con problemi interni, non ne vuole sentir parlare, così come il Regno Unito. Ed anche oltre oceano, gli Stati Uniti hanno ribadito che non verranno inviati soldati in Ucraina. Ma anche la stessa Nato ha dichiarato di “non avere piani“.  Insomma, Macron non ha sostegno. Almeno per ora.

Michel: “Se vogliamo la pace, dobbiamo prepararci alla guerra”

Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, in un intervento pubblicato su diversi media europei, non ha usato giri di parole: “Se vogliamo la pace, dobbiamo prepararci alla guerra“. Un monito rivolto ai Paesi dell’Unione, i cui capi di Stato e di Governo si riuniranno nel Consiglio europeo giovedì e venerdì. Obiettivi: produrre più munizioni ed armi, spendere di più per la difesa europea e, soprattutto, incrementare la fornitura di aiuti militari a Kiev. Altrimenti – spiega Michel – “i prossimi saremo noi“. Ed è così che il rischio Terza guerra mondiale da “impossibile” diventa un pericolo concreto.

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