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La crisi in Medio Oriente e i dubbi di Washington

16 aprile 2024 | 13:38
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La crisi in Medio Oriente e i dubbi di Washington

Dalla Casa Bianca emergono contraddizioni ed incertezze sulla strategia da adottare. Da una parte c’è il timore ad “abbandonare” l’alleato israeliano, dall’altra il voler evitare l’escalation con Teheran

Washington, 16 aprile 2024 – Una premessa fondamentale: dalla Casa Bianca non emerge nemmeno uno spiffero. La Situation Room è blindata, i dossier presidenziali sono visibili solo a pochissimi privilegiati, le strategie militari avvolte da un mistero impenetrabile. Nella Casa Bianca anche le mura hanno le orecchie: meglio parlare poco, specialmente verso l’esterno. Silenzio assordante, dunque. A meno che Washington non abbia interessa a far trapelare rumors, indiscrezioni o vere e proprie notizie. Spesso per prendere posizione, lanciare segnali ad alleati o nemici. Ma tant’è, spesso e volentieri questo lo decide la Casa Bianca. Non c’è da sorprendersi: all’interno dell’edificio più potente del mondo funziona così. Ma nelle ultime ore Washington di indiscrezioni, in merito alla crisi diplomatico-militare tra Iran e Israele, ne ha lasciate trapelare parecchie. Ma confusionarie e contradditorie.

Iran-Israele: la tempesta diplomatica incombe su Washington

La Casa Bianca naviga in una tempesta diplomatica. L’acutizzarsi della crisi in Medio Oriente, causata dall’attacco iraniano (sventato) nei confronti di Israele, ha fatto emergere tutte le difficoltà con cui Washington è costretta a fare i conti. Da una parte l’intenzione di non abbandonare lo storico alleato israeliano, dall’altra il voler evitare ad ogni costo un’ennesima escalation, nonostante dall’altra parte ci sia il nemico più grande: l’Iran. Emerge, dunque, un quadro: gli Stati Uniti non hanno una strategia. O per lo meno, se ce l’ha, non è chiara.

Andiamo per ordine. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, sta perseguendo la linea del profilo basso (leggi qui). Nessun discorso alla Nazione, nè tanto meno minacce rivolte a Teheran. Si è limitato ai compiti istituzionali cui è chiamato: qualche dichiarazione e la partecipazione al G7 (leggi qui). Insomma, pure formalità. Ha delegato la comunicazione al suo fidato portavoce, che nelle ultime ore sta rilasciando fior d’interviste in cui, a nome di Biden, afferma che il presidente non ha intenzione di provocare l’escalation con l’Iran. Tuttavia, qualcosa non torna.

Washington

Nonostante le rassicurazioni di Biden, infatti, emergono contraddizioni e incertezze nella strategia americana. Inizialmente, il presidente aveva assicurato un “impegno ferreo al fianco di Israele” (leggi qui), ma poche ore dopo ha sottolineato che Washington non avrebbe sostenuto Tel Aviv in caso di controffensiva iraniana (leggi qui). Secondo il New York Times, Netanyahu avrebbe addirittura rinviato l’operazione su richiesta di Biden. Tuttavia, il gabinetto di guerra israeliano ha approvato una controffensiva che, secondo fortissime indiscrezioni israeliane, sarebbe imminente (leggi qui).

Il Capo di Stato Maggiore di Tel Aviv ha assicurato che, quando avverrà, le forze israeliane si coordineranno con Washington (leggiqui). Una dichiarazione forte, dato che coinvolgerebbe gli Stati Uniti in una guerra contro l’Iran (seppur indirettamente). Motivo per cui la Casa Bianca si è affrettata nello smentire qualsiasi eventuale coinvolgimento americano.

In soldoni: la crisi Iran-Israele si intensifica, e la Casa Bianca si trova in un mare di contraddizioni e incertezze. Mentre Biden cerca di mantenere un profilo basso e nega un coinvolgimento diretto degli Stati Uniti, le pressioni di Tel Aviv e le dichiarazioni dell’esercito israeliano gettano ombre sull’intera situazione.

Biden-Netanyahu, nervi tesi

Il rapporto tra Biden e Netanyahu, nonostante la facciata seguita all’attacco iraniano, rimane gelido. Ormai da tempo infatti, il capo della Casa Bianca ha “mollato” il premier israeliano. E lo ha fatto anche all’Onu, dove è passata la risoluzione del Consiglio di Sicurezza (vincolante) che chiede un immediate cessate il fuoco a Gaza. Risoluzione che ha mandato su tutte le furie Netanyahu, il quale ha annullato il viaggio della sua delegazione a Washington, previste nelle ore successive. Come se ciò non bastasse, proprio pochi giorni fa lo stesso Biden ha accusato Netanyahu di “compiere un errore” e di “non essere d’accordo col suo metodo di approccio”: a Gaza la carneficina continua, mentre sembra rinviata l’operazione di Rafah.

In questo quadro tragico, un mix tra giochi di potere e crisi umanitarie, ci sono le elezioni sullo sfondo. In America, così come in Europa. E aumentano a dismisura i sostenitori pro-Palestina, ed ormai è unanime il coro che vuole e pretende le dimissioni di Netanyahu. Che, tuttavia, rimane al suo posto. E prova a tirare Biden per la giacca, cercando di coinvolgerlo nella controffensiva contro il nemico giurato iraniano. Ma il capo della Casa Bianca non ha intenzione di farlo, e questa sembra essere l’unica cosa chiara. Con buona pace del premier israeliano. (Foto. whitehouse.gov)

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