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Blue Whale, 50 sfumature di morte

18 maggio 2017 | 08:32
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Blue Whale, 50 sfumature di morte

Ecco cosa sta uccidendo i nostri ragazzi.

Blue Whale, 50 sfumature di morte

Il Faro on line – Giorno 1: Incidetevi sulla mano con il rasoio “f57” e inviate una foto al curatore.

Giorno  14: Tagliatevi il labbro;

Giorno 18: salite su un ponte e state sul bordo.

Giorno 26: il curatore vi dirà la data della vostra morte e voi dovrete accettarla.

Giorno 50: Saltate da un edificio alto. Prendetevi la vostra  vita.

Non siamo davanti alle prime righe di un libro di fantascienza, l’incipit di un film americano alla “Final Destination”, in questo caso è la vita reale che si tinge di nero e diventa orrore.

Comincia sui social network  questo gioco dell’oca mostruoso che ha già ucciso 157 adolescenti in diverse parti del mondo, principalmente in Russia me che è sbarcato anche in Brasile, Germania, Francia, Inghilterra e Italia.

E’ di poco tempo fa, infatti, la notizia di un ragazzo di Livorno che si sarebbe suicidato lanciandosi dall’edificio più alto della bella città toscana e, a detta di un suo compagno, avrebbe  avuto dei comportamenti riconducibili al Blue Whale, nei giorni precedenti alla tragedia.

Il gioco è partito da “VKontakte” che attenzione, non è una città malfamata dell’est Europa ma il Facebook in versione russa. Le vittime venivano reclutate con un clic, un messaggio inviato “al curatore” che subito dettava le regole del gioco.

Un gioco senza lieto fine, senza vincitori se non l’angelo nero della morte.

Ogni giorno un obiettivo da raggiungere: tagliati, ferisciti, soffri, guarda film dell’orrore tutta la notte, non parlare a nessuno della tua condizione, inciditi una balena sul braccio…e infine muori.

Ogni successo deve essere documentato in modo che il curatore o se vogliamo l’assassino, possa monitorare i progressi della vittima, fino al giorno 50. Ebbene, anche il suicidio deve essere filmato.

Non parliamo di ragazzi depressi, nel “Blue Whale” c’è qualcosa di peggio.  In questi giovani la depressione viene indotta, viene fatto loro una sorta di lavaggio del cervello.

Tra le regole quella di passare nottate intere a guardare film horror, video di omicidi, immagini di sevizie e suicidi, in modo che nei ragazzi avvenga  una sorta di scissione interiore  tra le loro vite e una realtà parallela,  fatta di mostri e di paure.

E diventano automi, marionette nelle mani di quello che si definisce “curatore”.

“Ho fatto morire quegli adolescenti, ma erano felici di farlo” – ha commentato Philipp Budeikin, lo studente di psicologia, inventore del Blue Whale, attualmente  in carcere perché accusato di istigazione al suicidio.

“Per la prima volta avevo dato loro tutto quello che non avevano avuto nelle loro vite: calore, comprensione, importanza” – continua.

E’ questo il meccanismo perverso del “gioco”: far credere ai ragazzi che affrontando le prove “di coraggio” della Blue whale saranno finalmente apprezzati e riconosciuti dalla società. Forse non sorprende che Budeikin continui a ricevere in carcere lettere d’amore dalle ragazzine adescate su VKontakte.

“Ci sono le persone e gli scarti biologici – ha dichiarato Budeikin  – io selezionavo gli scarti biologici, quelli più facilmente manipolabili, che avrebbero fatto solo danni a loro stessi e alla società. Li ho spinti al suicidio per purificare la nostra società”.

Parole folli, ci ricordano quelle della soluzione finale hitleriana legata a uomini considerati geneticamente inferiori.

Atti, quelli della Blue Whale,  collegabili ad un unico filo conduttore, quello social. Ogni prova deve essere filmata e documentata. E’ il trionfo della cultura dell’apparire su quella dell’essere. “Vali perché sembri e non perché sei”.

Attenzione, non siamo molto lontani dai selfie estremi che impazzano anche su facebook. Una foto vicino ai binari col treno in corsa sullo sfondo, un’altra seduti su un cornicione e poi sempre di più, sempre di più fino alla tragedia.

Uscire dal gioco? Impossibile. Non c’è altra possibilità di abbandonare se non il game over.

Perché alle regole seguono le minacce. Il rifiuto non è contemplato nella Blue Whale, pena l’assassinio dei familiari e la promessa di conseguenze terribili.

Cosa c’è di più terribil della morte di un ragazzino? Ma per le menti disconnesse di questi ragazzi plagiati non c’è più spazio per le riflessioni. “Balena Blu”, perché i cetacei  quando sentono che è giunta la loro ora, vanno a morire lungo la costa, spiaggiandosi in una lenta agonia.

Non ci resta che dire ai nostri ragazzi di mettere via i telefoni e vivere la vita invece di filmarla. Non accettate sfide per morire ma solo per crescere e superare le difficoltà. Siate.