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Da #Fiumicino uno studio sul fenomeno del burnout: “Ecco cosa accade nella mente di una maestra sotto stress”

22 febbraio 2018 | 15:00
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Da #Fiumicino uno studio sul fenomeno del burnout: “Ecco cosa accade nella mente di una maestra sotto stress”

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Da #Fiumicino uno studio sul fenomeno del burnout: “Ecco cosa accade nella mente di una maestra sotto stress”

Il Faro on line – Anni di duro lavoro, di passione, di abnegazione, di sacrifici. Poi a un certo punto nella testa scatta qualcosa: insofferenza, affanno, incapacità di controllarsi.
E ci si trasforma da angeli in demoni, da fata in strega. Non c’è ancora la certezza, ma è con molta probabilità ciò che è accaduto anche a Fiumicino, ultimo caso di una lunga serie di problemi ben conosciuti nel mondo della scuola (ma rigorosamente ignorati dalle istituzioni) con il nome di “burnout”. Per dirla alla romana potremmo usare il termine gergale “sbroccamento”, per definirei ciò che accade.

Un tema delicato, spinoso, con pochi studi. Uno di questi, il più recente a livello nazionale, lo ha fatto – ironia della sorte – proprio un’insegnante che vive e lavora a Fiumicino, Luisa Vianello.

La ricerca – spiega la dott.ssa Vianello – parte dall’analisi degli obiettivi proposti per Europa 2020, in cui si propone chiaramente di migliorare la qualità e l’efficacia dell’istruzione e della formazione. Viene dichiarato: “Sussiste l’esigenza di garantire un insegnamento di qualità elevata, offrire un’istruzione iniziale adeguata ai docenti e uno sviluppo professionale continuo agli insegnanti e ai formatori e rendere l’insegnamento una scelta di carriera allettante“ (Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea C 119/3 IT del 28/5/2009). Ma oggi in Italia fare l’insegnante purtroppo non è una carriera allettante. Diverse ricerche (tra cui quelle dell’Istituto Iard del 1999, 2000 e 2010) dimostrano che un numero sempre maggiore di insegnanti percepisce una caduta del prestigio e che sta avvenendo una femminilizzazione della professione che porta ad un’ulteriore svalutazione della professione stessa.

Il burnout è una sindrome vera e propria che coinvolge l’intera psicologia dell’individuo e causa uno sconvolgimento del contesto personale e lavorativo dove la persona scarica le proprie frustrazioni: è una rottura dell’equilibrio tra la persona e la sua professione. In particolare, nelle cosiddette helping profession, (in cui il lavoratore è a stretto contatto con la propria utenza, come ad esempio infermieri e psicologi), la sindrome porta a conseguenze negative anche per gli utenti che si affidano al servizio. Lo stress raggiunge livelli così alti che si “scoppia”. E’ un crescendo in cui ci si sente completamente esauriti, sia fisicamente che emotivamente, non si ha alcun interesse per il proprio lavoro e si tende a non organizzare quello che si deve fare. La particolarità di questa situazione è che difficilmente si riconosce di esserci caduti. E questo mette a serio rischio il proprio lavoro.

In particolare il lavoro dell’insegnante fa parte della categoria delle cosiddette helping profession, ma è l’unico nel quale il lavoratore si trova a strettissimo contatto con l’utenza per almeno 4 ore al giorno, per 5 giorni a settimana, per periodi che vanno dai 3 ai 5 anni. Gli studi che dimostrano il collegamento tra il lavoro docente e burnout sono numerosi.
Insomma si passa dall’essere normali all’essere stressati, via via scivolando nella patologia neurologica.

Viene dunque da chiedersi: quanti bambini e quanti ragazzi sono a rischio in questo momento? Lo studio ha evidenziato che la discriminante è costituita dall’età dell’insegnante e da quanti alunni ha in classe, a prescindere se siano bambini o adolescenti. La capacità di sopportazione si azzera, in maniera direttamente proporzionale all’età. Chi ha oltre 60 anni oggi, non solo ha un’età biologica che incide sulla capacità di resistenza psicologica, ma viene da un mondo ideale fatto di passioni (una volta l’insegnante era un punto di riferimento, la sua parola era Vangelo, la sua figura rispettata, e chi svolgeva quel ruolo lo faceva più per passione che per lo stipendio) che oggi non c’è più.

Il senso di frustrazione può contribuire a diminuire la capacità di controllarsi, e il vecchio modello fatto di bacchettate sulle mani torna come l’unico da riproporre per fermare la «deriva» attuale. E così si fanno cose che una volta la società accettava in maniera condivisa (scuola, famiglia, magistratura) e che oggi, al contrario, sono reati. In discussione non è la liceità dei comportamenti violenti – da condannare sempre e comunque – ma il contesto legislativo che favorisce la loro produzione, sorprendendosi poi, in maniera ipocrita, quando accade il fattaccio.

Esaurimento, cinismo, indifferenza

Cosa accade quanto una docente va in burnout? Esaurimento. E’ la prima reazione allo stress prodotto da eccessive richieste di lavoro o da cambiamenti significativi. Quando una persona sente di aver oltrepassato il limite massimo sia a livello emozionale sia fisico: si sente prosciugata, incapace di rilassarsi e di recuperare, manca energia per affrontare nuovi progetti, nuove persone, nuove sfide.
Cinismo. Quando una persona assume un atteggiamento freddo e distaccato nei confronti del lavoro e delle persone che incontra sul lavoro, diminuisce sino a ridurre al minimo o ad azzerare il proprio coinvolgimento emotivo nel lavoro e può abbandonare persino i propri ideali/valori. Tali reazioni rappresentano il tentativo di proteggere se stessi dall’esaurimento e dalla delusione, si pensa di essere più al sicuro adottando un atteggiamento di indifferenza, specialmente quando il futuro è incerto, oppure si preferisce ritenere che le cose non funzioneranno più come prima, piuttosto che vedere svanire in seguito le proprie speranze. Un atteggiamento così negativo può compromettere seriamente il benessere di una persona, il suo equilibrio psico-fisico e la sua capacità di lavorare.
Inefficienza. Quando in una persona cresce la sensazione di inadeguatezza, qualsiasi progetto nuovo viene vissuto come opprimente. Si ha l’impressione che il mondo trami contro ogni tentativo di fare progressi, e quel poco che si riesce a realizzare, appare insignificante, si perde la fiducia nelle proprie capacità e in sé stessi.