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“Una ‘Chiesa in uscita’ non ha paura di perdersi dietro i piccoli”

23 settembre 2018 | 11:00
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“Una ‘Chiesa in uscita’ non ha paura di perdersi dietro i piccoli”

Papa Francesco celebra la Messa nel parco Sàntakos di Kaunas, in Lituania, seconda tappa del suo viaggio nei Paesi baltici. Il Pontefice: “Uscire comporterà, in certi casi, mettere da parte le ansie e le urgenze, per saper guardare negli occhi, ascoltare e accompagnare chi è rimasto sul bordo della strada”

Kaunas – Una Chiesa “in uscita”, non ha paura di spendersi “anche quando sembra che ci dissolviamo, di perderci dietro i più piccoli, i dimenticati, quelli che vivono nelle periferie esistenziali. Ma sapendo che quell’uscire comporterà anche in certi casi un fermare il passo, mettere da parte le ansie e le urgenze, per saper guardare negli occhi, ascoltare e accompagnare chi è rimasto sul bordo della strada“.

Un bagno di folla accoglie Papa Francesco al suo arrivo a Kaunas, seconda tappa del suo viaggio apostolico in Lituania; nel Parco Santakos celebra la Santa Messa e la preghiera l’Angelus.

Sono oltre centomila i fedeli presenti: gli organizzatori avevano distribuito novantamila mila biglietti ma considerano che gli arrivi siano stati superiori. La folla acclama a gran voce il Pontefice che, a bordo della papamobile scoperta, passa tra i corridoi dei settori in cui è diviso il parco. Giovani, adulti, bambini e anziani lo salutano sventolando anche bandierine bianche e gialle, i colori della Santa Sede.

Il tempo dell’occupazione

L’omelia ruota attorno alle parole pronunciate da Gesù mentre con i suoi apostoli percorre le strade della Galilea: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”.

“È come se Gesù, a metà del cammino verso Gerusalemme – spiega il Papa -, volesse che i suoi rinnovassero la loro scelta, sapendo che questa sequela avrebbe comportato momenti di prova e di dolore. La vita cristiana attraversa sempre momenti di croce, e talvolta sembrano interminabili“.

Francesco ricorda il tempo delle occupazioni e le deportazioni dei regimi totalitari che le generazioni passate hanno dovuto fronteggiare in Lituania.

Quanti di voi hanno visto anche vacillare la loro fede perché non è apparso Dio per difendervi; perché il fatto di rimanere fedeli non è bastato perché Egli intervenisse nella vostra storia. Kaunas conosce questa realtà; la Lituania intera lo può testimoniare con un brivido al solo nominare la Siberia, o i ghetti di Vilnius e di Kaunas, tra gli altri; e può dire all’unisono con l’apostolo Giacomo: bramano, uccidono, invidiano, combattono e fanno guerra.

Ma i discepoli, fa notare Bergoglio, “non vogliono sapere nulla di prove e di angosce. Erano interessati ad altre cose, che tornavano a casa discutendo su chi fosse il più grande”. Da qui un ammonimento:

Il desiderio di potere e di gloria è il modo più comune di comportarsi di coloro che non riescono a guarire la memoria della loro storia e, forse proprio per questo, non accettano nemmeno di impegnarsi nel lavoro del presente. E allora si discute su chi ha brillato di più, chi è stato più puro nel passato, chi ha più diritto ad avere privilegi rispetto agli altri. Così neghiamo la nostra storia.

Mettere al centro i piccoli

Gesù propone “un antidoto a queste lotte di potere e al rifiuto del sacrificio”. Mette un bambino al centro. E domanda:

Chi metterà in mezzo oggi, qui, in questa mattina di domenica? Chi saranno i più piccoli, i più poveri tra noi, che dobbiamo accogliere a cent’anni della nostra indipendenza? Chi è che non ha nulla per ricambiarci, per rendere gratificanti i nostri sforzi e le nostre rinunce? Forse sono le minoranze etniche della nostra città, o quei disoccupati che sono costretti a emigrare. Forse sono gli anziani soli, o i giovani che non trovano un senso nella vita perché hanno perso le loro radici.

“‘In mezzo’ significa equidistante – spiega il Pontefice -, in modo che nessuno possa fingere di non vedere. Senza protagonismi, senza voler essere applauditi o i primi“.

Francesco, per farsi capire, utilizza l’immagine dei fiumi che scorrono in Lituania: “Nella città di Vilnius, è toccato al fiume Vilnia offrire le sue acque e perdere il nome rispetto al Neris; qui, è lo stesso Neris che perde il nome offrendo le sue acque al Nemunas”.

Di questo si tratta: di essere una Chiesa ‘in uscita’, di non aver paura di uscire e spenderci anche quando sembra che ci dissolviamo, di perderci dietro i più piccoli, i dimenticati, quelli che vivono nelle periferie esistenziali. Ma sapendo che quell’uscire comporterà anche in certi casi un fermare il passo, mettere da parte le ansie e le urgenze, per saper guardare negli occhi, ascoltare e accompagnare chi è rimasto sul bordo della strada. A volte bisognerà comportarsi come i discepoli, che devono imparare che, quando si accoglie un piccolo, è lo stesso Gesù che si accoglie.

E conclude: “Per questo oggi siamo qui, ansiosi di accogliere Gesù nella sua parola, nell’Eucaristia, nei piccoli. Accoglierlo affinché Egli riconcili la nostra memoria e ci accompagni in un presente che continui ad appassionarci per le sue sfide, per i segni che ci lascia; affinché lo seguiamo come discepoli, perché non c’è nulla di veramente umano che non abbia risonanza nel cuore dei discepoli di Cristo, e così sentiamo come nostre le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini del nostro tempo, soprattutto dei poveri e dei sofferenti”.

(Il Faro online) – Foto © Vatican Media