Caso Orlandi, scomparsi i resti delle principesse sepolte in Vaticano

11 luglio 2019 | 13:39
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Caso Orlandi, scomparsi i resti delle principesse sepolte in Vaticano

Colpo di scena all’apertura delle tombe situate nel Cimitero Teutonico: i sepolcri sono completamente vuoti. Gisotti: “I familiari delle due principesse sono stati informati”

Città del Vaticano – Nessun resto umano. Né delle principesse, né – tanto meno – di Emanuela Orlandi. Solo due tombe completamente vuote. Porta a un nulla di fatto la prima parte dell’indagine aperta dalla Santa Sede sul caso della ragazza, figlia di un dipendente vaticano, scomparsa il 22 giugno del 1983.

Nei giorni scorsi, infatti, il Vaticano aveva avviato, dopo 35 anni, la prima indagine interna sul caso Orlandi (leggi qui), procedendo così all’autorizzazione per l’apertura delle due tombe situate all’interno dell’antico Cimitero Teutonico, un camposanto costruito a ridosso della basilica vaticana, all’interno delle mura leonine.

L’apertura delle tombe

Alle ore 8.15, dopo una preghiera davanti ai due sepolcri guidata dal Rettore del Collegio Teutonico, sono iniziate regolarmente le operazioni di apertura delle due sepolture. A riferirlo il direttore della Sala Stampa vaticana, Alessandro Gisotti, precisando che “non è possibile prevedere, al momento, i tempi di durata per concludere tali operazioni, che vedono impiegate una quindicina di persone”.

Ad essere aperta, la cosiddetta “Tomba dell’Angelo” in cui è sepolta la principessa Sophie von Hohenlohe, morta nel 1836, e quella attigua in cui è sepolta la principessa Carlotta Federica di Mecklemburgo, morta nel 1840.

Presenti, tra gli altri, anche l’avvocato della famiglia Orlandi, Laura Sgrò e il fratello di Emanuela, Pietro Orlandi. Hanno seguito tutte le fasi dell’operazione il Promotore di Giustizia del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, Gian Piero Milano, e il suo Aggiunto Alessandro Diddi, insieme il Comandante del Corpo della Gendarmeria Vaticana, Domenico Giani.

“Esito negativo”

Poi, il colpo di scena. Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, uscendo dal Vaticano ha dichiarato: “Tolta la lastra della prima tomba, gli operai hanno scavato per circa 30 centimetri e hanno scoperto che sotto c’era una stanza, ma incredibilmente era vuota. Quindi si è passati alla seconda: una tomba a sarcofago per la quale serviva solo sollevare le lapide. Ma anche quella era completamente vuota“.

“Noi avevamo ricevuto delle segnalazioni precise, non solo quelle contenute nella lettera anonima: ci segnalavano quello come luogo della sepoltura di Emanuela anche fonti interne al Vaticano – ha aggiunto sdegnato -. Questa vicenda non può finire così. Perché tutte queste persone ci hanno indirizzato lì? I familiari delle principesse sapevano che non c’erano i corpi? Dove sono?”.

“Si sono concluse alle ore 11.15 le operazioni al Campo Santo Teutonico nell’ambito delle incombenze istruttorie del caso Orlandi”, ha fatto poi sapere Gisotti, precisando: “Le ricerche hanno dato esito negativo: non è stato trovato alcun reperto umano né urne funerarie. L’accurata ispezione sulla tomba della Principessa Sophie von Hohenlohe ha riportato alla luce un ampio vano sotterraneo di circa 4 metri per 3,70, completamente vuoto. Successivamente si sono svolte le operazioni di apertura della seconda tomba-sarcofago, quella della Principessa Carlotta Federica di Mecklemburgo. Al suo interno non sono stati rinvenuti resti umani. I familiari delle due Principesse sono stati informati dell’esito delle ricerche“.

Agli accertamenti hanno collaborato il personale della Fabbrica di San Pietro, il professor Giovanni Arcudi, coadiuvato dal suo staff, alla presenza di un perito di fiducia nominato dal legale della famiglia Orlandi.

La famiglia Orlandi ha diritto ad avere risposte – ha detto l’avvocato della famiglia Orlandi, Laura Sgrò -. È vergognoso che dopo 36 anni Emanuela non abbia ancora giustizia. Deve essere trovata. La risposta va data a loro, ma anche allo stato italiano”.

Ulteriori indagini

Per un ulteriore approfondimento – fanno sapere dalla Santa Sede -, sono in corso verifiche documentali riguardanti gli interventi strutturali avvenuti nell’area del Cimitero Teutonico, in una prima fase alla fine dell’Ottocento, e in una seconda più recente fase tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso.

“Al termine delle operazioni, teniamo a ribadire che la Santa Sede ha sempre mostrato attenzione e vicinanza alla sofferenza della Famiglia Orlandi e in particolare alla mamma di Emanuela – ha concluso Gisotti -. Attenzione dimostrata anche in questa occasione nell’accogliere la richiesta specifica della famiglia di fare verifiche nel Cimitero Teutonico”.

Il caso Orlandi…

Trentasei anni sono passati da quel 22 giugno del 1983 quando sparì nel nulla Emanuela Orlandi, la figlia quindicenne di un dipendente del Vaticano. Anni di indagini, di illazioni, depistaggi, che hanno portato ad una altalena di speranze e delusioni. Uno dei grandi misteri d’Italia.

La famiglia non si è mai arresa. “E’ un sacrosanto diritto avere verità e giustizia, non ci rinunceremo mai“, aveva detto, in occasione dell’ultimo anniversario della scomparsa, il fratello Pietro che, dopo la chiusura delle indagini da parte della Procura di Roma, è tornato a chiedere giustizia direttamente al Tribunale Vaticano.

E infatti da alcuni mesi la denuncia di scomparsa è di nuovo sui tavoli della Gendarmeria e del Promotore di Giustizia. La famiglia Orlandi l’aveva presentata per la prima volta un anno fa, lo scorso novembre. Il fascicolo è stato aperto “ma da allora non è stato fatto niente, non è stato interrogato nessuno”, ha denunciato più volte l’avvocato Laura Sgrò, legale di Pietro Orlandi.

Che invano ha anche chiesto che venisse sentito il boss mafioso Pippo Calò, oggi 87enne, attualmente detenuto al 41 bis nel carcere di Opera. All’epoca dei fatti, nel 1983, era a Roma, era un personaggio a conoscenza “di quello che succedeva”, collegato alla banda della Magliana, ritenuta invischiata nella scomparsa della ragazza.

Emanuela Orlandi, che oggi avrebbe cinquant’anni, scompare verso le 19 del 22 giugno 1983, dopo essere uscita da una scuola di musica. La ragazza è la figlia quindicenne di un messo della prefettura della Casa pontificia ed è cittadina del Vaticano.

… e l’intreccio con Gregori

A maggio era già scomparsa un’altra ragazza romana, Mirella Gregori, coetanea di Emanuela, e i due casi vengono quasi subito collegati. In questi termini – come di “una stessa cosa” – ne parla Ali Agca, l’attentatore del Papa, ma non sono mai emersi elementi concreti che avvalorassero questa pista. Mirella Gregori, figlia dei titolari di un bar di via Volturno, a Roma, studentessa, non conosceva Emanuela Orlandi, nè le due ragazze avevano frequentazioni in comune.

Mirella scomparve dopo aver detto alla madre che “aveva un appuntamento” presso il monumento al bersagliere di Porta Pia con un vecchio compagno di classe, che peraltro quel pomeriggio era impegnato altrove. Da quel momento la famiglia non ha più avuto notizie della ragazza.

Tornando al caso di Emanuela, quella che sembrava la comune scomparsa di una adolescente si trasforma in un ‘giallo’ internazionale che coinvolge in pieno la Santa Sede. Il presunto rapimento finisce infatti per intrecciarsi anche con l’attentato di Agca contro Wojtyla. Il Papa interviene con diversi appelli. La presenza di Emanuela Orlandi, negli anni, è poi segnalata in diverse località ma le rivelazioni non risultano mai attendibili. Senza elementi, la prima inchiesta viene chiusa nel luglio 1997.

Il “coinvolgimento” della mafia

Poi la banda della Magliana, che spesso era stata tirata in ballo nella vicenda, rientra in primo piano a giugno 2008 con le dichiarazioni di Sabrina Minardi, compagna di Enrico De Pedis, uno dei capi della banda. Emanuela Orlandi sarebbe stata uccisa dopo essere stata tenuta prigioniera nei sotterranei di un palazzo vicino all’Ospedale San Camillo.

Ma neanche su questa pista emergono prove concrete. Nulla di fatto neanche dopo le analisi svolte sulle ossa rinvenute nella cripta di Sant’Apollinare, a Roma, nella quale era stato seppellito De Pedis. Nel 2016 l’archiviazione dell’inchiesta da parte della Procura di Roma, confermata dalla Cassazione. Ma la famiglia va avanti, non si arrende. E si rivolge alla magistratura vaticana.

(Il Faro online)