Vaticano, aperte le tombe del Cimitero Teutonico: si cercano le ossa di Emanuela Orlandi

11 luglio 2019 | 10:47
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Vaticano, aperte le tombe del Cimitero Teutonico: si cercano le ossa di Emanuela Orlandi

Dentro le mura vaticane presenti anche i familiari della ragazza scomparsa nel 1983 con il loro legale e il loro perito

Città del Vaticano –  Questa mattina si aprono due tombe del Cimitero Teutonico, situato dentro le mura vaticane per verificare, secondo quanto disposto dal Promotore di Giustizia dello Stato della Città del Vaticano, se vi siano contenuti i resti di Emanuela Orlandi, la giovane scomparsa nel 1983.

Ad essere aperte, la cosiddetta “Tomba dell’Angelo” in cui è sepolta la principessa Sophie von Hohenlohe, morta nel 1836, e quella attigua in cui è sepolta la principessa Carlotta Federica di Mecklemburgo, morta nel 1840. Il supporto all’autorità giudiziaria è garantito da personale qualificato del Centro Operativo di Sicurezza della Gendarmeria vaticana. Presenti anche i familiari di Emanuela Orlandi, con il loro legale e il loro perito.

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“È un cambiamento di rotta, una collaborazione che spero vada avanti”, dice Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, presentandosi alle 7.40 dinanzi ai cancelli della Santa Sede per entrare al Cimitero Teutonico.

Da una prima verifica morfologica si potrebbe avere una ricostruzione temporale, seppure approssimativa, poi si procederà con l’esame del dna. Fuori le mura vaticane alcuni sostenitori del gruppo nato su facebook petizione.emanuela@libero.it: per loro è difficile pensare che Emanuela Orlandi sia viva, “è una cosa penosa” ma sarebbe importante “trovare le ossa per darle una degna sepoltura. È apprezzabile che il Vaticano voglia fare chiarezza“. Ci sono anche tanti giornalisti, italiani ed esteri (da Polonia e Germania) e gente comune.

L’apertura delle tombe

Alle ore 8.15, dopo una preghiera davanti ai due sepolcri guidata dal Rettore del Collegio Teutonico, sono iniziate regolarmente le operazioni di apertura delle due sepolture. Lo riferisce il direttore della Sala Stampa vaticana, Alessandro Gisotti, precisando che “non è possibile prevedere, al momento, i tempi di durata per concludere tali operazioni, che vedono impiegate una quindicina di persone”.

Il caso Orlandi…

Trentacinque anni sono passati da quel 22 giugno del 1983 quando sparì nel nulla Emanuela Orlandi, la figlia quindicenne di un dipendente del Vaticano. Anni di indagini, di illazioni, depistaggi, che hanno portato ad una altalena di speranze e delusioni. Uno dei grandi misteri d’Italia.

La famiglia non si è mai arresa. “E’ un sacrosanto diritto avere verità e giustizia, non ci rinunceremo mai“, aveva detto, in occasione dell’ultimo anniversario della scomparsa, il fratello Pietro che, dopo la chiusura delle indagini da parte della Procura di Roma, è tornato a chiedere giustizia direttamente al Tribunale Vaticano.

E infatti da alcuni mesi la denuncia di scomparsa è di nuovo sui tavoli della Gendarmeria e del Promotore di Giustizia. La famiglia Orlandi l’aveva presentata per la prima volta un anno fa, lo scorso novembre. Il fascicolo è stato aperto “ma da allora non è stato fatto niente, non è stato interrogato nessuno”, ha denunciato più volte l’avvocato Laura Sgrò, legale di Pietro Orlandi.

Che invano ha anche chiesto che venisse sentito il boss mafioso Pippo Calò, oggi 87enne, attualmente detenuto al 41 bis nel carcere di Opera. All’epoca dei fatti, nel 1983, era a Roma, era un personaggio a conoscenza “di quello che succedeva”, collegato alla banda della Magliana, ritenuta invischiata nella scomparsa della ragazza.

Emanuela Orlandi, che oggi avrebbe cinquant’anni, scompare verso le 19 del 22 giugno 1983, dopo essere uscita da una scuola di musica. La ragazza è la figlia quindicenne di un messo della prefettura della Casa pontificia ed è cittadina del Vaticano.

… e l’intreccio con Gregori

A maggio era già scomparsa un’altra ragazza romana, Mirella Gregori, coetanea di Emanuela, e i due casi vengono quasi subito collegati. In questi termini – come di “una stessa cosa” – ne parla Ali Agca, l’attentatore del Papa, ma non sono mai emersi elementi concreti che avvalorassero questa pista. Mirella Gregori, figlia dei titolari di un bar di via Volturno, a Roma, studentessa, non conosceva Emanuela Orlandi, nè le due ragazze avevano frequentazioni in comune.

Mirella scomparve dopo aver detto alla madre che “aveva un appuntamento” presso il monumento al bersagliere di Porta Pia con un vecchio compagno di classe, che peraltro quel pomeriggio era impegnato altrove. Da quel momento la famiglia non ha più avuto notizie della ragazza.

Tornando al caso di Emanuela, quella che sembrava la comune scomparsa di una adolescente si trasforma in un ‘giallo’ internazionale che coinvolge in pieno la Santa Sede. Il presunto rapimento finisce infatti per intrecciarsi anche con l’attentato di Agca contro Wojtyla. Il Papa interviene con diversi appelli. La presenza di Emanuela Orlandi, negli anni, è poi segnalata in diverse località ma le rivelazioni non risultano mai attendibili. Senza elementi, la prima inchiesta viene chiusa nel luglio 1997.

Il “coinvolgimento” della mafia

Poi la banda della Magliana, che spesso era stata tirata in ballo nella vicenda, rientra in primo piano a giugno 2008 con le dichiarazioni di Sabrina Minardi, compagna di Enrico De Pedis, uno dei capi della banda. Emanuela Orlandi sarebbe stata uccisa dopo essere stata tenuta prigioniera nei sotterranei di un palazzo vicino all’Ospedale San Camillo.

Ma neanche su questa pista emergono prove concrete. Nulla di fatto neanche dopo le analisi svolte sulle ossa rinvenute nella cripta di Sant’Apollinare, a Roma, nella quale era stato seppellito De Pedis. Nel 2016 l’archiviazione dell’inchiesta da parte della Procura di Roma, confermata dalla Cassazione. Ma la famiglia va avanti, non si arrende. E si rivolge alla magistratura vaticana.

(Il Faro online)