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Covid-19, il Papa: “La solidarietà è la strada per uscire migliori da questa crisi”

2 settembre 2020 | 16:30
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Covid-19, il Papa: “La solidarietà è la strada per uscire migliori da questa crisi”

Dopo sei mesi tornano le Udienze Generali del Mercoledì con i fedeli: in 500 nel cortile di San Damaso riabbracciano il Papa

di FABIO BERETTA

Città del Vaticano – Papa Francesco torna tra la gente. Dopo essere rimasto “ingabbiato” nella biblioteca del Palazzo Apostolico (leggi qui) per sei mesi, il Pontefice ritorna tra i fedeli in quella che è stata la prima Udienza Generale del Mercoledì post-lockdown con la presenza di pellegrini. Non piazza San Pietro o nell’Aula Nervi, come da tradizione, ma nel cortile di San Damaso, con un numero ristretto di partecipanti.

Distanziamento sociale, gel igienizzante per le mani e mascherine sono le parole d’ordine, ma all’arrivo del Santo Padre, tanta era la gioia dei fedeli di rivederlo, che la calca sulle transenne è inevitabile. Papa Bergoglio passa in rassegna i due grandi settori in cui è stato diviso il cortile, salutando – quasi uno ad uno – le circa 500 persone che presenti, mantenendo le distanza. Qualcuno gli porge il gomito e Francesco non si è sottratto al saluto convenzionale di questi ultimi mesi. Non mancano i dialoghi e i siparietti. Un fedele gli ha chiesto: “Come sta?”. “Bene bene!”, la risposta di Bergoglio. “Preghiamo per lei!”, ha detto il pellegrino. E il Papa, scherzando: “In favore o contro?”. “In favore”, la risposta del fedele.

Francesco si dice contento di riprendere questi incontri “faccia a faccia e non schermo a schermo”, e dopo il segno di croce ha proseguito il ciclo di catechesi sul tema “Guarire il mondo”, ispirato alla pandemia da Covid-19 che da marzo affligge il mondo. Una crisi dalla quale dobbiamo “uscire migliori”, ma per farlo è necessario “farlo insieme. Insieme, non da soli, insieme. Da soli no, perché non si può! O si fa insieme o non si fa. Dobbiamo farlo insieme, tutti quanti, nella solidarietà. Questa parola oggi vorrei sottolinearla: solidarietà“.

E proprio attorno al concetto di “solidarietà” che ruota la riflessione del Vescovo di Roma, che ha ricordato quanto oggi “il principio di solidarietà è più che mai necessario, come ha insegnato San Giovanni Paolo II (cfr Enc. Sollicitudo rei socialis, 38-40)”. “In un mondo interconnesso – ha spiegato -, sperimentiamo che cosa significa vivere nello stesso ‘villaggio globale’. Però non sempre trasformiamo questa interdipendenza in solidarietà. C’è un lungo cammino fra l’interdipendenza e la solidarietà. Gli egoismi – individuali, nazionali e dei gruppi di potere – e le rigidità ideologiche alimentano al contrario ‘strutture di peccato’“.

Per Francesco, la parola “solidarietà” “si è un po’ logorata e a volte la si interpreta male, ma indica molto di più di qualche atto sporadico di generosità. È di più! Non è solo questione di aiutare gli altri – questo è bene farlo, ma è di più –: si tratta di giustizia (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1938-1940). L’interdipendenza, per essere solidale e portare frutti, ha bisogno di forti radici nell’umano e nella natura creata da Dio, ha bisogno di rispetto dei volti e della terra”.

Il Santo Padre ha fatto quindi riferimento al racconto biblico della Torre di Babele (cfr Gen 11,1-9), “che descrive ciò che accade quando cerchiamo di arrivare al cielo – la nostra meta – ignorando il legame con l’umano, con il creato e con il Creatore”.

Costruiamo torri e grattacieli, ma distruggiamo la comunità. Unifichiamo edifici e lingue, ma mortifichiamo la ricchezza culturale. Vogliamo essere padroni della Terra, ma roviniamo la biodiversità e l’equilibrio ecologico”, ha ammonito il Papa, che ricorda poi quello che gli dissero i pescatori di San Benedetto del Tronto incontrati prima del lockdown: “Abbiamo tolto dal mare 24 tonnellate di rifiuti, dei quali la metà era plastica”. “Pensate! Questi hanno lo spirito di prendere i pesci, sì, ma anche i rifiuti e portarli fuori per pulire il mare. Ma questo è rovinare la terra, non avere solidarietà con la terra che è un dono e l’equilibrio ecologico”.

“Diametralmente opposta a Babele è la Pentecoste”, con al quale “Dio si fa presente e ispira la fede della comunità unita nella diversità e nella solidarietà. Diversità e solidarietà unite in armonia, questa è la strada”.

“Una diversità solidale – ha spiegato Bergoglio – possiede gli ‘anticorpi’ affinché la singolarità di ciascuno non si ammali di individualismo, di egoismo”. Non solo: “la diversità solidale possiede anche gli anticorpi per guarire strutture e processi sociali che sono degenerati in sistemi di ingiustizia e di oppressione (cfr Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 192)”.

Quindi, in altre parole, “la solidarietà oggi è la strada da percorrere verso un mondo post-pandemia, verso la guarigione delle nostre malattie interpersonali e sociali. Non ce n’è un’altra. O andiamo avanti con la strada della solidarietà o le cose saranno peggiori. Voglio ripeterlo: da una crisi non si esce uguali a prima: si esce o migliori o peggiori. Dobbiamo scegliere noi. E la solidarietà è proprio una strada per uscire dalla crisi migliori, non con cambiamenti superficiali, con una verniciata così e tutto è a posto. No. Migliori!“.

“Nel mezzo della crisi, una solidarietà guidata dalla fede ci permette di tradurre l’amore di Dio nella nostra cultura globalizzata, non costruendo torri o muri – e quanti muri si stanno costruendo oggi – che dividono, ma poi crollano, ma tessendo comunità e sostenendo processi di crescita veramente umana e solida. E per questo aiuta la solidarietà. Faccio una domanda: io penso ai bisogni degli altri? Ognuno si risponda nel suo cuore”, ha aggiunto il Papa.

“Nel mezzo di crisi e tempeste, il Signore ci interpella e ci invita a risvegliare e attivare questa solidarietà capace di dare solidità, sostegno e un senso a queste ore in cui tutto sembra naufragare”, ha concluso prima di salutare e benedire la folla.

“Come esseri sociali abbiamo bisogno di una tale immediatezza che fa bene all’anima. Preghiamo il Signore affinché la crisi, per tutta l’umanità, non sia motivo di divisione, ma di unità e solidarietà“, l’auspicio finale. Poi, prima della benedizione, l’annuncio: il 4 settembre una giornata di preghiera e digiuno per il Libano (leggi qui).

(Il Faro online)