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Urbi et Orbi di Natale, il Papa: “No al virus dell’individualismo: ci rende indifferenti alla sofferenza”

25 dicembre 2020 | 13:14
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Urbi et Orbi di Natale, il Papa: “No al virus dell’individualismo: ci rende indifferenti alla sofferenza”

Dall’Aula delle Benedizioni la preghiera per la pace nel mondo e l’appello ai governanti di tutto il globo: “Vaccini per tutti, specialmente per i più vulnerabili e bisognosi di tutte le regioni del Pianeta. Al primo posto, i più vulnerabili e bisognosi!”

di FABIO BERETTA

Città del Vaticano – Una preghiera per la pace in tutto il mondo, poiché il prezzo più alto delle guerre lo pagano i bambini; un monito contro i nazionalismi chiusi che “ci impediscono di vivere come la famiglia umana che siamo”;  l’appello affinché il vaccino contro il coronavirus sia dato a tutti, a partire dai più bisognosi. Nel tradizionale messaggio natalizio Urbi et Orbi di quest’anno Papa Francesco non dimentica davvero nessuno: prega per le famiglie, quelle che non sono riuscite a ricongiungersi per le feste e per chi trascorrerà questo Natale da solo, prega per le donne vittime di violenza durante il lockdown.

A causa della pandemia, uno dei gesti più solenni di ogni pontificato, cambia scenografia: nessun affaccio è previsto sulla piazza. Bergoglio parla dall’Aula delle Benedizioni, collocata sopra il Portico della basilica di San Pietro. Completata tra il 1611 e il 1612, l’Aula è stata restituita alla sua originaria bellezza giusto un anno fa dopo una lunga e complessa opera di restauro, in particolare degli stucchi, durata diversi anni. Presenti, tra gli altri, oltre a un gruppo ristretto di dipendenti, anche alcune rappresentanze delle forze dell’ordine italiane.

Il rito è ridotto al minino. Niente inni nazionali, nessuno schieramento di guardie svizzere in alta uniforme. La loggia centrale della basilica vaticana non è addobbata a festa con fiori e il drappo rosso. La piazza è deserta, tra le colonne riecheggia solo il suono delle campane che suonano a festa. Immagini, quelle che arrivano da Oltretevere, che richiamano alla memoria quel 27 marzo 2020, quando quegli stessi rintocchi si mescolavano al suono della pioggia e alle sirene delle ambulanze. Ma a distanza di mesi oggi si intravede “una luce di speranza”, come il Papa definisce il vaccino contro il coronavirus.

E ai governanti di tutto il globo lancia un appello: “Perché queste luci possano illuminare e portare speranza al mondo intero, devono stare a disposizione di tutti. Non possiamo lasciare che i nazionalismi chiusi ci impediscano di vivere come la vera famiglia umana che siamo. Non possiamo neanche lasciare che il virus dell’individualismo radicale vinca noi e ci renda indifferenti alla sofferenza di altri fratelli e sorelle. Non posso mettere me stesso prima degli altri, mettendo le leggi del mercato e dei brevetti di invenzione sopra le leggi dell’amore e della salute dell’umanità. Chiedo a tutti: ai responsabili degli Stati, alle imprese, agli organismi internazionali, di promuovere la cooperazione e non la concorrenza, e di cercare una soluzione per tutti: vaccini per tutti, specialmente per i più vulnerabili e bisognosi di tutte le regioni del Pianeta. Al primo posto, i più vulnerabili e bisognosi! Di fronte a una sfida che non conosce confini, non si possono erigere barriere”.

Il Bambino di Betlemme ci aiuti ad essere disponibili, generosi e solidali, specialmente verso le persone più fragili, i malati e quanti in questo tempo si sono trovati senza lavoro o sono in gravi difficoltà per le conseguenze economiche della pandemia, come pure le donne che in questi mesi di confinamento hanno subito violenze domestiche.

“In questo momento storico, segnato dalla crisi ecologica e da gravi squilibri economici e sociali, aggravati dalla pandemia del coronavirus, abbiamo più che mai bisogno di fraternità”, aggiunge il Pontefice, ma “non una fraternità fatta di belle parole, di ideali astratti, di vaghi sentimenti… No. Una fraternità basata sull’amore reale, capace di incontrare l’altro diverso da me, di con-patire le sue sofferenze, di avvicinarsi e prendersene cura anche se non è della mia famiglia, della mia etnia, della mia religione; è diverso da me ma è mio fratello, è mia sorella. E questo vale anche nei rapporti tra i popoli e le nazioni”.

La preghiera per il Medio Oriente e le nazioni in guerra

Francesco passa poi in rassegna tutte le nazioni in conflitto, pregando affinché tacciano le armi in ogni angolo del pianeta perché il prezzo più alto di queste guerre lo pagano i bambini: “Nel giorno in cui il Verbo di Dio si fa bambino, volgiamo lo sguardo ai troppi bambini che in tutto il mondo, specialmente in Siria, in Iraq e nello Yemen, pagano ancora l’alto prezzo della guerra. I loro volti scuotano le coscienze degli uomini di buona volontà, affinché siano affrontate le cause dei conflitti e ci si adoperi con coraggio per costruire un futuro di pace. Sia questo il tempo propizio per stemperare le tensioni in tutto il Medio Oriente e nel Mediterraneo orientale”.

“Gesù Bambino risani le ferite dell’amato popolo siriano, che da ormai un decennio è stremato dalla guerra e dalle sue conseguenze, ulteriormente aggravate dalla pandemia – aggiunge -. Porti conforto al popolo iracheno e a tutti coloro che sono impegnati nel cammino della riconciliazione, in particolare agli yazidi, duramente colpiti dagli ultimi anni di guerra. Rechi pace alla Libia e consenta che la nuova fase dei negoziati in corso porti alla fine di ogni forma di ostilità nel Paese”.

Il Santo Padre chiede pace anche per la terra che ha visto nascere Gesù: “Israeliani e palestinesi possano recuperare la fiducia reciproca per cercare una pace giusta e duratura attraverso un dialogo diretto, capace di vincere la violenza e di superare endemici risentimenti, per testimoniare al mondo la bellezza della fraternità”.

E ancora, un pensiero per il Libano: “La stella che ha illuminato la notte di Natale sia guida e incoraggiamento per il popolo libanese, affinché, nelle difficoltà che sta affrontando, col sostegno della Comunità internazionale non perda la speranza. Il Principe della Pace aiuti i responsabili del Paese a mettere da parte gli interessi particolari e ad impegnarsi con serietà, onestà e trasparenza perché il Libano possa percorre un cammino di riforme e proseguire nella sua vocazione di libertà e di convivenza pacifica”.

Lo sguardo del Papa si sposta poi in altre zone di conflitto: “Il Figlio dell’Altissimo sostenga l’impegno della comunità internazionale e dei Paesi coinvolti a proseguire il cessate-il-fuoco nel Nagorno-Karabakh, come pure nelle regioni orientali dell’Ucraina, e a favorire il dialogo quale unica via che conduce alla pace e alla riconciliazione”.

“Basta sofferenze in Africa”

“Il Divino Bambino allevii la sofferenza delle popolazioni del Burkina Faso, del Mali e del Niger, colpite da una grave crisi umanitaria, alla cui base vi sono estremismi e conflitti armati, ma anche la pandemia e altri disastri naturali; faccia cessare le violenze in Etiopia, dove, a causa degli scontri, molte persone sono costrette a fuggire; rechi conforto agli abitanti della regione di Cabo Delgado, nel nord del Mozambico, vittime della violenza del terrorismo internazionale; sproni i responsabili del Sud Sudan, della Nigeria e del Camerun a proseguire il cammino di fraternità e di dialogo intrapreso”, è la preghiera del Papa per l’Africa nel giorno di Natale.

La preghiera del Papa per l’America del Sud e l’Asia

Il pensiero del Papa va poi al continente americano, “particolarmente colpito dal coronavirus, che ha esacerbato le tante sofferenze che lo opprimono, spesso aggravate dalle conseguenze della corruzione e del narcotraffico. “Il Verbo eterno del Padre sia sorgente di speranza e aiuti a superare le recenti tensioni sociali in Cile e a porre fine ai patimenti del popolo venezuelano”.

“Il Re del Cielo protegga le popolazioni flagellate da calamità naturali nel sud-est asiatico, in modo particolare nelle Filippine e in Vietnam, dove numerose tempeste hanno causato inondazioni con ricadute devastanti sulle famiglie che abitano in quelle terre, in termini di perdite di vite umane, danni all’ambiente e conseguenze per le economie locali – aggiunge il Pontefice -. E pensando all’Asia, non posso dimenticare il popolo Rohingya: Gesù, nato povero tra i poveri, porti speranza nelle loro sofferenze.

“Non rassegniamoci alla violenza”

Quindi un invito a non rassegnarsi “alle violenze e alle ingiustizie vorrebbe dire rifiutare la gioia e la speranza del Natale. In questo giorno di festa rivolgo un pensiero particolare a quanti non si lasciano sopraffare dalle circostanze avverse, ma si adoperano per portare speranza, conforto e aiuto, soccorrendo chi soffre e accompagnando chi è solo”.

Infine, una preghiera e un segno di vicinanza alle famiglie, “a quelle che oggi non possono ricongiungersi, come pure a quelle che sono costrette a stare in casa. Per tutti il Natale sia l’occasione di riscoprire la famiglia come culla di vita e di fede; luogo di amore accogliente, di dialogo, di perdono, di solidarietà fraterna e di gioia condivisa, sorgente di pace per tutta l’umanità. Buon Natale a tutti!”.

Quindi la benedizione Urbi et Orbi (la terza di quest’anno) con la concessione dell’indulgenza plenaria. Poi riprende il microfono e saluta: “In questi giorni, nei quali l’atmosfera del Natale invita gli uomini a diventare migliori e più fraterni, non dimentichiamoci di pregare per le famiglie e le comunità che vivono fra tante sofferenze. Per favore, continuate anche a pregare per me. Buon pranzo natalizio, e arrivederci!”.

(Il Faro online) Foto © Vatican Media – Clicca qui per leggere tutte le notizie di Papa & Vaticano
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