L'intervista

Aviaria a Ostia: parlano i titolari dell’azienda coinvolta: “Così l’abbiamo scoperto”

10 novembre 2021 | 20:38
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Aviaria a Ostia: parlano i titolari dell’azienda coinvolta: “Così l’abbiamo scoperto”

Abbiamo raggiunto i proprietari dell’allevamento centro del focolaio di aviaria: “Non è stato scoperto nulla, siamo stati noi ad accorgerci che qualcosa non andava e a chiamare la Asl”

Ostia – “La nostra è un’azienda etica e in sette anni di allevamento quello che sta accadendo in questi giorni non era mai successo. E contrariamente a quanto è stato scritto, non è stato scoperto nulla, siamo stati noi ad accorgerci che qualcosa non andava e a chiamare la Asl“. Rabbia e sconforto si mescolano nelle parole di Tamara, che assieme a suo marito Rolando gestiscono un allevamento di polli a Ostia Antica, oggi al centro delle cronache perché sito di un focolaio di influenza aviaria. Li abbiamo raggiunti telefonicamente per ascoltare direttamente da loro cosa è accaduto nell’allevamento.

La nostra azienda ha degli standard altissimi e rispetta del tutto la natura. Gli animali, a cui diamo da mangiare solo alimenti biologici, vivono in casette anti-aviaria e da quando abbiamo aperto il tasso di mortalità è quasi nullo proprio perché rispettiamo tutti gli standard e le regole delle Asl e delle autorità”, sottolinea Tamara a ilfaroonline.it.

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La mattina del 28 ottobre però troviamo 7 galline morte. Subito abbiamo allertato chi di dovere, informando il direttore della Asl di competenza di quanto accaduto, poiché per noi era anomalo – racconta -. Ci hanno detto di portare una carcassa al Centro Zooprofilattico della Tiburtina e noi lo abbiamo fatto. Quindi abbiamo atteso la risposta”. Una risposta che spiazza: influenza aviaria.

“Al quel punto abbiamo allertato chi di competenza perché la nostra coscienza ci imponeva di fare la cosa giusta. Ma siamo stati noi a informare e allertare per primi, non la Asl o la Regione. Nel frattempo altre decine di galline sono morte. E nelle prossime ore saranno abbattuti tutte gli altri uccelli del nostro allevamento: sono oltre duecento”, prosegue Tamara, a cui hanno chiuso l’allevamento. “Ci hanno detto che il servizio di ristorazione poteva continuare, infatti il personale della Asl ha mangiato da noi a pranzo e questo perché siamo tra i migliori allevamenti d’Italia, con certificazione europea – ribadisce – che soddisfa i più alti standard di qualità, anche in cucina. Con mio marito però abbiamo deciso di chiudere anche il ristorante”.

Ma cosa ha causato il focolaio? “La migrazione di alcuni uccelli. O almeno è quello che ci hanno detto. Sono uccelli migratori malati che sorvolando i nostri territori trasmettono il virus. In questa vicenda c’è un aspetto interessante: nel nord Europa recentemente sono stati abbattuti milioni di capi perché affetti da influenza aviaria (leggi qui). Si sapeva ma a noi allevatori da parte delle Asl o del Ministero non è arrivato nessuna circolare“. E la rabbia è tanta: “Noi abbiamo le casette anti-aviaria. Se le autorità ci avessero informato che nel periodo delle migrazioni avrei dovuto tenere tutti i miei uccelli al chiuso lo avrei fatto”.

“Quando abbiamo visto quello che stava succedendo ci siamo mossi secondo coscienza. Le comunicazioni da parte della Asl e della Regione stanno arrivando adesso, lo ribadiamo, perché noi le abbiamo mobilitate. Se avessero scoperto loro questo focolaio di aviaria, sapendo che dovevamo tenere al chiuso questi animali, noi avremmo passato i guai. E invece abbiamo l’encomio della Asl. Quanti agricoltori avrebbe avuto questo coraggio, col timore di restare chiusi per mesi, senza lavorare? Quanti dopo quello che abbiamo passato, e stiamo passando ancora a causa della pandemia, lo avrebbero fatto?”.

E ora? Cosa succede? Di certo c’è solo l’abbattimento degli uccelli. “I sanitari hanno anche fatto il tampone e le analisi del sangue ai nostri suini. Il tampone – ci spiega Tamara – serve a capire se l’animale ha contratto il virus mentre l’analisi del sangue serve per capire se hanno sviluppato gli anticorpi. Tuttavia, anche in quel caso ci potrebbe essere una remotissima possibilità di contagio per l’uomo. E se così fosse, per ovviare a questa possibilità, anche i suoni verrebbero abbattuti“. Un danno economico non da poco se si considera che un singolo suino, in età adulta, per come vengono allevati, può arrivare a costare anche 3mila euro. “La risposta la sapremo tra pochi giorni. Non ci resta che aspettare. Per noi è un dolore immane. Sappiamo solo di aver fatto la cosa giusta“.

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