Abusi sui chierichetti del Papa, i teste: “Ambiente malsano, il Sant’Uffizio sapeva”

24 febbraio 2021 | 21:28
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Abusi sui chierichetti del Papa, i teste: “Ambiente malsano, il Sant’Uffizio sapeva”

In tribunale le voci di chi ha vissuto quegli anni nel Preseminario in Vaticano: “C’erano scherni a sfondo sessuale e forti pressioni psicologiche”

Città del Vaticano – Prosegue Oltretevere il processo sui presunti abusi al Preseminario San Pio X, situato all’interno delle mura leonine. Il Tribunale del Vaticano, presieduto da Giuseppe Pignatone, oggi ha sentito alcuni teste, chiamati dal Promotore di giustizia. Su sei, quattro hanno testimoniato, due erano assenti. Dalle testimonianze di è emerso che il Preseminario era “un ambiente malsano”, dove erano normali “scherni a sfondo sessuale” e litigi legati ai ruoli da avere come chierichetti. In questo l’imputato don Gabriele Martinelli è definito come la persona alla quale l’ex Rettore don Enrico Radice aveva delegato di fatto molti ruoli bypassando gli altri due sacerdoti che facevano parte dell’equipe formativa.

Le notizie delle presunte violenze sono riferite solo perché apprese da altri; il nome ricorrente delle persone che riferivano questi fatti è quello di Kamil, lo stesso giovane che fece esplodere il caso con il servizio delle Iene e con la testimonianza a Gianluigi Nuzzi. Solo un testimone ha detto di aver visto, “durante una lotta in una stanza”, don Martinelli “toccare le parti intime” di un altro allievo. Un altro testimone ha parlato genericamente di aver visto “toccate” e “avance” da parte di Martinelli nei confronti degli allievi più piccoli. “C’erano forti pressioni psicologiche”. Si facevano “scherni sull’aspetto femminile, sull’aspetto fisico” come “sulla provenienza regionale e sul lavoro dei genitori”. “Il pettegolezzo era molto acceso sull’ambiente curiale e anche c’era un continuo scherno su alcuni soggetti del Preseminario, è stata un’esperienza logorante”.

“Comastri era stato informato”

Un teste ha chiamato in causa anche il cardinale Angelo Comastri, ex arciprete della basilica vaticana in pensione da pochi giorni (leggi qui). Il teste, 35 anni, ha detto che fu il cardinale Angelo Comastri a suggerire di non rimuovere don Radice come rettore, indicando le voci emerse come “falsità”.  Il vicario, a suo dire, “era sconcertato dall’atteggiamento del cardinale Comastri”. Tuttavia, in tanti erano convinti che le denunce fossero solo “falsità e calunnie”. Anche questo testimone ha parlato di un ruolo di potere di Martinelli, “molto ascoltato da Radice: il rettore aveva consentito che Martinelli si sentisse già da prima sacerdote”.

Ad esempio, don Martinelli era chiamato in Basilica il ‘comandino’ per il suo modo di organizzare e decidere tutto, anche le candele che dovevano essere utilizzate alle messe, mentre dai ragazzi veniva soprannominato ‘la madre’ per il suo ruolo di vertice. “Aveva un ruolo effettivo rispetto a Marinoni (vice rettore) e Granoli (padre spirituale)”, ha spiegato il teste, aggiungendo di aver notato un “odio” tra Martinelli e la presunta vittima, che non si parlavano, stavano in tavoli separati. Tuttavia la vittima riceveva da don Martinelli “incarichi importanti”.

Per il teste, ciò sarebbe dovuto al fatto che  Martinelli temeva che il ragazzo sapesse qualcosa di negativo su di lui e potesse dire qualcosa che lo screditasse. Lo stesso atteggiamento lo aveva anche verso un altro ragazzo: “C’era come una sorta di di riguardo. Era come se Martinelli li tenesse buoni, avesse paura come di un nemico che poteva far male”.

Personalmente il teste non ha mai assistito a rapporti sessuali tra l’imputato e la presunta vittima, ma dice che una volta era stato attirato dagli schiamazzi nella stanza di un altro ex preseminarista, verso il quale Martinelli sembrava provare una forte attrazione: “Con la vittima era finita male, mentre questo era una nuova preda”.

Arrivando nella stanza il teste ha visto Martinelli rincorrere questa “nuova preda” e altri due ragazzi e, alla fine del gioco, afferrare il ragazzo (teste che oggi non si è presentato) nelle parti intime “come richiesta implicita di un rapporto sessuale”. Il ragazzo ha rifiutato l’avance e da allora “è caduto in disgrazia, emarginato” al punto da dover abbandonare il San Pio X.

Il teste afferma di non aver mai assistito a rapporti sessuali tra Martinelli e la presunta vittima ma di aver appreso tutte le accuse esposte esclusivamente da Kamil e, indirettamente, da altri ragazzi: “Si raccontavano queste cose. Il ragazzo in questione non mi ha mai detto niente però”. Ad ogni modo si dice “certissimo” del fatto che le autorità fossero state informate: don “Radice sapeva ma non ha fatto nulla. Era sfuggente, non si riusciva a parlare se non con battute ma faceva orecchie da mercante”.

Assicura poi di aver visto uscire Kamil dallo studio di Comastri al quale era andato a riferire i fatti di cui era a conoscenza. Lui stesso era andato a parlare con uno dei ragazzi di quello che vedeva ma, “con fare rassegnato”, il padre spirituale gli fece capire di essere a conoscenza di alcuni fatti ma di non poter agire.

La lettera a Bergoglio

Il teste, due anni dopo essere uscito dal Preseminario, ha scritto nel 2013 una lettera anonima per denunciare quanto avvenuto nel Palazzo San Carlo: “L’ho fatto di mia iniziativa, mi sembrava inappropriato che succedessero certe cose in un luogo di Chiesa. Ho avuto paura ad espormi”.

La lettera è stata inviata al Papa. La presunta vittima a sua volta gli aveva consegnato chiedendogli il favore di farla pervenire al Papa. Il teste però non l’ha fatto perché non se l’è sentita e non ha avuto l’occasione. Agli atti sono poi stati acquisiti dei messaggi scambiati su WhatsApp tra il teste e don Daniele Pinton, ex allievo del Preseminario e tra i fautori del progetto di ampliamento ostacolato da don Radice. Nei messaggi c’erano diverse accuse contro don Angelo Magistrelli, responsabile dell’Opera Don Folci e attuale rettore.

La segnalazione al Sant’Uffizio

Nel corso del processo è emerso che anche un sacerdote della basilica di San Pietro nel 2017 fece una segnalazione all’ex Sant’Uffizio. Il sacerdote aveva ricevuto le confidenze della la presunta vittima: “Non mi ha mai detto esplicitamente che cosa non andava ma si capiva che erano problemi della sfera affettivo-sessuale”.

Nel 2017, dunque, padre Paul ha fatto una segnalazione alla Commissione per la Tutela dei minori nella Congregazione per la Dottrina della Fede. Voleva farlo molto prima ma la presunta vittima gliel’ha impedito perché voleva “mettere una pietra”, ha raccontato, a tutta questa storia e anche Kamil gli aveva detto di aver mandato lui stesso una lettera al Dicastero. Poi “l’ho fatto lo stesso (andare dalla Congregazione per la Dottrina della Fede), perché penso che un sacerdote che sa qualcosa e non parla diventa complice”. Un paio di volte è andato alla Commissione per la tutela dei minori e gli è stato comunicato che sarebbe stato interrogato da Domenico Giani, capo della Gendarmeria dell’epoca. Il prete ha riferito ancora che “si era arrabbiato” nel vedere anni dopo don Martinelli ancora gestire i servizi liturgici con i ragazzi perché “se qualcuno ha problemi di questo genere non lo si mette con i ragazzi”.

Il presidente del Tribunale Giuseppe Pignatone ha richiamato più volte sia gli avvocati delle parti che il promotore di giustizia a fare domande “sui fatti” (diverse domande non sono state ammesse): “Evitiamo di chiedere opinioni, evitiamo di fare domande che contengono o suggeriscono la risposta”.

Domani il Tribunale del Vaticano ascolterà come testimone il vescovo di Como, mons. Oscar Cantoni, mentre il vescovo emerito, Diego Coletti dà forfait. Il presule ha presentato un certificato medico che certifica “problemi di decadimento cognitivo e diabete alto”, quindi non testimonierà.

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