Caso Orlandi, 40 anni fa la scomparsa di Emanuela. Il punto sulle nuove indagini

21 giugno 2023 | 19:30
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Caso Orlandi, 40 anni fa la scomparsa di Emanuela. Il punto sulle nuove indagini

Era il 22 giugno del 1983 quando si persero le tracce di Emanuela Orlandi: 40 anni esatti di misteri, tombe vuote e accuse al Vaticano e ai Papi

Roma – Sono passati 40 anni esatti da quando Emanuela Orlandi scomparve senza lasciare traccia. Dopo decenni il Vaticano vuole vederci chiaro e pochi mesi fa ha riaperto le indagini (leggi qui) con l’obiettivo di mettere fine a un cold case sul quale sono state avanzate le ipotesi più disparate.

La scomparsa di Emanuela

Figlia di un dipendete vaticano, Emanuela Orlandi scompare senza lasciare traccia il 22 giugno 1983. Aveva 15 anni.  quando Emanuela sparì nel nulla, appena quindicenne. Alle 16 di quel giorno uscì per seguire una lezione di musica all’Apollinare (complesso situato a pochi passi da piazza Navona accanto all’omonima basilica). Da quel momento non si saprà più nulla di lei.

Per 40 anni si sono susseguite indagini, speculazioni e illazioni. La famiglia Orlandi aveva presentato un’istanza per la prima volta nel 2017. Il fascicolo era stato aperto “ma da allora non è stato fatto niente, non è stato interrogato nessuno”, ha denunciato più volte l’avvocato di famiglia, Laura Sgrò, che invano aveva anche chiesto che venisse sentito il boss mafioso Pippo Calò. All’epoca dei fatti, nel 1983, era a Roma, era un personaggio a conoscenza “di quello che succedeva”, collegato alla banda della Magliana, ritenuta, nel novero delle ipotesi, coinvolta nella scomparsa della ragazza.

L’intreccio con Mirella Gregori

A maggio dello scorso anni era già scomparsa un’altra ragazza romana, Mirella Gregori, coetanea di Emanuela, e i due casi vengono quasi subito collegati. Ma Mirella Gregori, figlia dei titolari di un bar di via Volturno, a Roma, studentessa, non conosceva Emanuela Orlandi, né le due ragazze avevano frequentazioni in comune.

Tornando a Emanuela, quella che sembrava la scomparsa di una adolescente si trasforma in un giallo internazionale che coinvolge in pieno la Santa Sede. Il presunto rapimento finisce infatti per intrecciarsi anche con l’attentato di Agca contro Wojtyla. Il Papa interviene con diversi appelli pubblici. Nel corso degli anni, la presenza di Emanuela viene segnalata in diverse località ma ogni rivelazione risulterà poi inattendibile. E così, senza elementi, la prima inchiesta viene chiusa nel luglio 1997.

Caso Orlandi e il filone banda della Magliana

C’è poi la “svolta” legata alla banda della Magliana, già collegata alla vicenda Orlandi, rientra in primo piano a giugno 2008 con le dichiarazioni di Sabrina Minardi, compagna di Enrico De Pedis, detto Renatino, uno dei capi della banda. Emanuela, secondo la Minardi, sarebbe stata uccisa dopo essere stata tenuta prigioniera nei sotterranei di un palazzo vicino all’ospedale San Camillo. Ma neanche su questa pista emergono prove concrete. Nulla di fatto neanche dopo le analisi svolte sulle ossa rinvenute nella cripta di Sant’Apollinare, a Roma, nella quale era stato sepolto, in deroga ad ogni norma, proprio De Pedis. Nel 2016 l’archiviazione dell’inchiesta da parte della Procura di Roma, confermata dalla Cassazione.

Ossa in Nunziatura e tombe vuote

Nel 2017 la famiglia, che non si è mai arresa, presenta alle magistratura vaticana una nuova denuncia di scomparsa. Nell’ottobre dell’anno successivo un’altra “svolta”: la Santa Sede dà il via libera all’analisi del dna su alcune ossa ritrovate durante dei lavori nella sede della Nunziatura di via Po a Roma (leggi qui). Ma le indagini accertano che non ci sono legami né con Emanuela Orlandi, né con Mirella Gregori (leggi qui).

Nel luglio 2019 si decide di dare seguito a una lettera secondo la quale i resti di Emanuela sarebbero sepolti nel Cimitero Teutonico, in Vaticano, e che per trovarli basta guardare “dove indica l’angelo”. La Santa Sede decide quindi di ispezionare due tombe, quelle delle principesse Sofia di Hohenlohe-Waldenburg-Bartenstein e Carlotta Federica di Meclemburgo-Schwerin. Al loro interno non vengono però rinvenuti resti umani (leggi qui); tuttavia, nell’adiacente edificio che ospita il Collegio Teutonico, viene ritrovato un ossario contente tanti resti umani. Tutte vengono raccolte in ventisei sacchi, sono poi esaminati da un perito. Terminata tale procedura, gli organi inquirenti del Vaticano chiedono e ottengono l’archiviazione del fascicolo penale da parte del giudice unico, il quale ha concede agli Orlandi di esaminare privatamente i reperti.

Il decreto di archiviazione è stato comunque impugnato dal legale di fiducia della famiglia Orlandi. Gli ulteriori accertamenti, hanno infine escluso la presenza dei resti di Emanuela tra i reperti esaminati. L’avvocato Laura Sgrò ne informa la stampa nel maggio del 2021. Prima di Natale 2022, la proposta di legge per l’avvio di una commissione di inchiesta parlamentare. E a gennaio la decisione della Santa Sede di riaprire il caso.

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Caso Orlandi: le nuove indagini

Subito dopo Pasqua 2023, per la prima volta, Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, ha incontrato il Promotore di Giustizia vaticano, Alessandro Diddi.  “Sul caso Orlandi Papa Francesco e il Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, vogliono che emerga la verità senza riserve” aveva detto Diddi, affermato penalista e docente di procedura penale, al Corriere della Sera, spiegando come si sta muovendo la giustizia di Oltretevere dopo la riapertura delle indagini (leggi qui). “Papa Francesco mi ha investito del ruolo di capo di questo delicatissimo Ufficio, che sto riorganizzando anche grazie all’aiuto di due magistrati ordinari e due applicati – continua Diddi -. Tra i fascicoli ereditati dal mio predecessore, il professor Gian Piero Milano, ve ne era uno contenente una serie di denunce della famiglia Orlandi relative alla scomparsa di Emanuela”.

“Al fine di fare definitiva chiarezza sulla vicenda, nel gennaio di quest’anno ho ricevuto dal Papa l’incarico di occuparmi del caso e, in tale prospettiva, ho ritenuto di far confluire in un unico fascicolo tutte le informazioni reperite avendo compreso la rilevanza del materiale che avevo a disposizione – continua -. In concomitanza a questa iniziativa, in Italia, è stata istituita una Commissione parlamentare di inchiesta e pertanto vi sarà una proficua collaborazione tra i due Stati”.

“In pochi mesi sono state effettuate verifiche non espletate in 40 anni. Gli approfondimenti eseguiti dovranno emergere, perché sono attività di indagine destinate a confluire integralmente nei fascicoli dell’Ufficio e di questo anche le gerarchie vaticane sono pienamente consapevoli – prosegue Diddi -. Su alcuni documenti probatori non dovranno più insinuarsi equivoci, non ci potranno essere ombre sulle quali possa continuare ad addensarsi un alone di mistero. Se non svolgerò le attività di indagine accuratamente sarò sotto gli occhi di tutto il mondo. E non voglio si possa pensare che, in qualche modo, abbia preservato qualcuno o coperto qualche situazione”.

“Questo rischio non lo voglio correre, non me lo posso permettere. In Vaticano conoscono tali mie prerogative e ho raccolto ampie garanzie poiché siamo accomunati dagli stessi intenti”, aggiunge. E in merito alla Banda della Magliana, Diddi precisa: “Il ruolo nel caso Orlandi temo sia stato sopravvalutato, sebbene esistano alcune evidenze. La situazione, tuttavia, impone un inquadramento più ampio”. Quella dell’aprile scorso è stata la prima convocazione dei parenti di Emanuela, come ha fatto sapere l’avvocato Laura Sgrò.

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Caso Orlandi: accuse “infamanti” contro Wojtyla

Ma quello che doveva essere un nuovo inizio per dissipare le ombre dopo 40 anni di misteri svanisce quasi subito. Infatti, dopo le accuse mosse a Papa Wojtyla (leggi qui), il Vaticano ha chiesto chiarimenti innescando un lungo botta e risposta tra l’avvocato e la Santa Sede stessa (leggi qui).

A provocare altro gelo col Vaticano anche le dichiarazioni di Pietro Orlandi, che in maniera neanche troppo velata, accusa di pedofilia Papa Giovanni Paolo II. Parole considerate gravi da buona parte del mondo cattolico, tanto che anche Papa Francesco, pubblicamente, affacciato per la preghiera del Regina Coeli della Domenica della Divina Misericordia (festa istituita proprio da Papa Wojtyla, ndr) definisce quelle di Pietro Orlandi “illazioni offensive e infondate” (leggi qui).

Le indagini vanno comunque avanti e per la prima volta in 40 anni, Vaticano e Procura di Roma iniziano una collaborazione. A maggio 2023, infatti, gli atti della Santa Sede arrivano a piazzale Clodio (leggi qui). A inizio giugno, emerge un’altra “verità”: “Emanuela è sepolta sotto Castel Sant’Angelo” (leggi qui). A parlare è l’ex carabiniere Antonio Goglia, al quale però Pietro Orlandi non crede: “Lo conosco da anni, ogni volta cambia ipotesi, e a cominciare da Nicotri o Peronaci gli dànno tutto questo spazio. E’ uno che racconta frottole”.

Ma se in Italia la Commissione d’Inchiesta del Senato sembra arenarsi (prima è arrivata la strigliata del Segretario di Stato (leggi qui), poi il rinvio degli emendamenti col probabile voto a fine mese (leggi qui)) Oltretevere le indagini continuano: rispondendo alle domande di alcuni giornalisti, l’Ufficio del Promotore di Giustizia dello Stato della Città del Vaticano fa sapere: “In merito alla vicenda di Emanuela Orlandi, nei mesi scorsi questo ufficio ha raccolto tutte le evidenze reperibili nelle strutture del Vaticano e della Santa Sede, anche cercandone attestazione tramite conversazioni con le persone responsabili di alcuni uffici all’epoca dei fatti. Ha proceduto all’esame del materiale confermando alcune piste di indagine meritevoli di ulteriore approfondimento e trasmettendo tutta la relativa documentazione, nelle scorse settimane, alla procura di Roma, perché questa possa prenderne visione e procedere nella direzione che ritiene più opportuna. Il Promotore proseguirà la sua attività in questo senso nei mesi a venire, vicino al dolore della famiglia di Emanuela e consapevole della sofferenza che si prova per la scomparsa di un congiunto”.

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